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Cultura

Publio Ovidio Nasone

Fu un poeta e letterato latino. Nasce a Sulmona il 20 Marzo del 43 a.C.

Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis,/ milia qui novies distat ab Urbe decem

“Mi è patria Sulmona, ricchissima di fresche acque, / distante novanta miglia da Roma”

(Tristia IV, 10, 3-4)

All’età di 12 anni andò a studiare retorica a Roma, completò i suoi studi ad Atene, in Grecia dove entrò in contatto con i maggiori poeti del tempo. Quando tornò a Roma, lasciò presto la politica per dedicarsi alla poesia. Fu il più giovane poeta del circolo di Mecenate ed ebbe contatti con Orazio, Properzio e per poco tempo con Virgilio. È ritenuto uno dei maggiori poeti augustei e dell’intera latinità per il modo in cui ha affrontato e rinnovato i generi letterari più diversi:

  • L’elegia
  • Il poema didascalico
  • L’epica

Quelle elencate sono le principali opere. Per Ovidio l’amore è un gioco mondano e galante, lui stesso si sposò tre volte.

L’opera di maggiore importanza sono “le metamorfosi” Un poema epico di 15 libri in esametri che non ha un unico protagonista, ma ne ha molti: ci sono circa 250 miti di trasformazione. L’argomento principale sono le metamorfosi, ma anche l’amore, visto nelle più diverse sfumature e variazioni.

L’ordine del racconto è approssimativamente cronologico:

dalle origini dell’universo si passa al mito, prosegue con vicende di personaggi e miti legati alla guerra di Troia, fino ad arrivare a parlare dei re di Roma tra cui Numa Pompilio a cui si collega Pitagora.

“Uscite dal tempio e gettate dietro le vostre spalle le ossa della Gran Madre”.

La metamorfosi è la trasformazione di un essere in un altro di natura diversa. E’ una credenza caratteristica e diffusa in ogni mitologia, con innumerevoli cambiamenti di forme, in particolare di esseri umani mutati in animali, piante, e persino stelle, per intervento degli dei. Tale credenza ebbe origine, probabilmente, dall’osservazione della natura, dove le metamorfosi sono diffusissime in ogni settore, dalla botanica alla zoologia, dalla geologia all’astronomia, dalla biologia all’ecologia.

Nelle metamorfosi, la voce narrante è a volte il poeta, altre volte sono i personaggi che diventano narratori a loro volta. Diversamente dall’epica, non è presente un narratore oggettivo, ma una voce che interviene a commentare le vicende.

Nell’8 d.C. Augusto mandò Ovidio in esilio a Tomi, sul Mar Morto, la causa dell’esilio, forse fu la dissolutezza delle sue opere. L’esilio durò fino al 17 d.C. , anno della sua morte. Non si desidera ciò che è facile ottenere.

Gabriele D’Annunzio

Uno dei poeti e scrittori più importanti, famosi e amati della letteratura italiana, “il Vate” Gabriele D’Annunzio, nasce a Pescara nel 1863, compose il suo primo libro di versi “Primo Vere” a soli 16 anni.

Non finì gli studi e si dedicò al giornalismo ed alla composizione di opere di varia natura e valore. Fu uno degli interpreti più abili delle correnti di pensiero e delle mode letterarie europee, tra le quali l’esasperato sensualismo, l’estetismo raffinato e paganeggiante (“Il Piacere”, 1889), la tendenza ad ignorare la realtà sociale a favore di un mondo spirituale elevato ed esclusivo. La sua poetica verte intorno a due concetti: l’estetismo e il superomismo. L’estetismo è quella corrente di pensiero che si pone come obiettivo il raggiungimento e la celebrazione del Bello e delle opere d’arte, intese nella loro perfezione formale e stilistica. L’arte per D’annunzio è come la vita: non ci sono differenze tra ciò che l’artista vive e ciò che l’artista produce. L’estetismo culmina nell’attenzione al piacere, nell’edonismo, che si concretizza sia nella produzione e nel godimento del Bello e dell’Arte, sia nelle avventure erotiche. Inoltre la vita di Gabriele D’Annunzio è sempre stata caratterizzata da esperienze fuori dagli schemi, basti citare l’impresa della presa di Fiume: infatti il poeta abruzzese vuole vivere come un superuomo, diverso dagli altri uomini, contrario all’omologazione borghese e ai ragionamenti comuni.  Muore 1 marzo 1938 a Gardone Riviera.

Benedetto Croce

Nasce a Pescasseroli, in provincia de L’Aquila, il 25 febbraio 1866. Nel 1883 ha diciassette anni e frequenta il collegio a Napoli, quando perde entrambi i genitori a causa di una violenta scossa di terremoto. Rimasto orfano, il giovane Croce viene ospitato a Roma da Silvio Spaventa, suo parente e personaggio del Risorgimento.  

Croce tuttavia si allontana presto dalla Capitale, preferendo cominciare i suoi studi di giurisprudenza all’Università di Napoli, città dove acquista la casa che fu di Giambattista Vico, nella quale si trasferisce a vivere. L’acquisto della casa ha un forte valore simbolico per Croce, che individua in Vico uno dei suoi filosofi di riferimento.  

L’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, pubblicato nel 1902, è uno dei testi principali del Croce filosofo, ed è fondamentale per comprendere il pensiero alla base della sua attività di critico letterario.  

Dopo l’8 settembre del ’43 aderisce al Partito Liberale ed è membro del Comitato di Liberazione Nazionale; a guerra finita si batte per l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e la fine della monarchia, ed è un deputato dell’Assemblea Costituente. Nel 1947 lascia il Partito Liberale e l’attività politica per dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi. Muore a Napoli il 20 novembre del 1952. 

Ignazio Silone

Pseudonimo di Secondino Tranquilli, Ignazio Silone nasce a Pescina, in provincia dell’Aquila, il 1° maggio del 1900, figlio di una tessitrice e di un piccolo proprietario terriero. Qualche anno dopo la morte del padre (1910), egli perde anche un fratello per i postumi di un incidente e la madre nel terremoto che nel gennaio del 1915 distrugge gran parte della Marsica. Rimasto senza genitori e senza casa, va ad abitare con la nonna paterna e col fratello più giovane, Romolo, «nel quartiere più povero e disprezzato» del paese, dove comincia a frequentare la baracca della Lega dei contadini.

Nel frattempo riprende gli studi classici interrotti a causa del terremoto. La nonna lo affida al collegio Pio X di Roma, da cui però, in seguito a un tentativo di fuga, viene espulso. Successivamente, per diretto interessamento di don Luigi Orione passa in un convitto di San Remo e poi di Reggio Calabria.Nel periodo della prima guerra mondiale, precisamente nel 1917, lascia definitivamente la scuola. Prende parte alle proteste contro l’entrata in guerra dell’Italia e viene processato e condannato al pagamento di un’ammenda, per aver capeggiato una violenta manifestazione contro una baracca dei carabinieri di Pescina.

Poco o nulla sappiamo su quando Secondino Tranquilli si avvicinò alla militanza politica e al movimento giovanile socialista rivoluzionario. Quel poco lo ha raccontato egli stesso, collocando intorno al 1917 il suo ingresso nel movimento socialista.

Certamente tra i 17 e i 18 anni, si trasferisce a Roma, ove s’immerge del tutto nella lotta politica. Tra il 1919 e il 1921 affronta con vivo entusiasmo i nuovi impegni: la segreteria dell’Unione socialista romana, la redazione dell’«Avanti!» e la direzione de «L’Avanguardia», il settimanale dei giovani socialisti. Nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito Comunista Italiano come rappresentante della Gioventù Socialista. Probabilmente a metà del 1922 si trasferisce a Trieste come redattore del quotidiano «Il Lavoratore».

Dopo l’avvento del Fascismo fu accanto a Gramsci come attivista clandestino. Dopo l’arresto del fratello si rifugiò all’estero, dove proseguì la sua attività antifascista, incorrendo anche nell’espulsione da vari Paesi. Rappresentò parecchie volte il movimento comunista con Togliatti a Mosca.
Nel 1930, durante le persecuzioni e le purghe staliniane, si staccò dal movimento comunista perché non condivideva il carattere tirannico dell’organizzazione internazionale comunista diretta da Stalin. Di quella profonda crisi, in cui emergevano anche i suoi giovanili entusiasmi libertari e cristiani, risentì tutta la sua produzione letteraria nonché il comportamento politico. Ma, pur lontano dal Partito Comunista, egli non cessò la sua attività di propagandista antifascista e socialista. Le stesse sue opere, pubblicate all’estero, Fontamara (1933 a Zurigo), Pane e vino (1936), La scuola dei dittatori (1938), Il seme sotto la neve (1941), l’opera teatrale Ed egli si nascose (1944), sono la dimostrazione della denuncia serrata, implacabile, costante, che egli faceva della violenza fascista e delle misere condizioni dei cafoni del suo paese. E i suoi libri, quasi sconosciuti in Italia, facevano il giro del mondo attraverso gli esuli antifascisti e i vari simpatizzanti stranieri, i quali vedevano in Silone uno dei più puri missionari della resistenza antifascista nel mondo. Egli operava in mezzo al pubblico straniero un ridimensionamento della realtà sociale italiana, in senso inverso, quindi veritiero, della propaganda fascista; lavorava, come un apostolo, per la libertà del popolo italiano, come Gramsci nel silenzio e nella solitudine del carcere. Le opere scritte dopo la Liberazione – Una manciata di more (1952), Il segreto di Luca (1956), La volpe e le camelie (1960), Uscita di sicurezza (1965), L’avventura d’un povero cristiano (1968), continuano i temi e sviluppano la testimonianza da lui iniziata nelle opere scritte all’estero. Pertanto egli è sempre rimasto un difensore della libertà e un credente nella liberazione della povera gente dalla miseria e dalle vessazioni dei potenti. Egli stesso precisava:
Lo scrivere non è stato per me, salvo che in qualche raro momento di grazia, un sereno godimento estetico, ma la penosa e solitaria continuazione di una lotta, dopo essermi separato dai miei compagni più cari.
Silone si è spento in Svizzera nel 1978.

John Fante

John Fante, scrittore e sceneggiatore statunitense di origine italiana, nasce l’8 aprile del 1909 a Denver, nel Colorado. Suo padre, Nicola Fante, è un immigrato italiano originario di Torricella Peligna in provincia di Chieti (Abruzzo) mentre la madre, Mary Capolungo, originaria di Chicago, è anche lei figlia di immigrati lucani.

L’infanzia dello scrittore è turbolenta e caotica, ciò nonostante riesce a diplomarsi pur svolgendo lavori precari. La povertà ed il rapporto conflittuale col padre, lo costringono ad abbandonare la provincia in cui vive e a trasferirsi a Los Angeles nel 1930. Qui si iscrive all’università ma con scarsi risultati, sebbene ciò gli consenta di avvicinarsi al mondo della scrittura. E’ in questo periodo infatti, che vengono pubblicati i suoi primi lavori.

John Fante scrive per alcune riviste tra cui The American Mercury e The Atlantic Monthly anche grazie alla conoscenza di Henry Louis Mencken, saggista e giornalista statunitense. Agli inizi degli anni trenta collabora come sceneggiatore con il cinema di Hollywood, attività che svolge solo per guadagno e non per passione, mentre in Italia coopera con Dino De Laurentiis. Nel 1934 inizia a scrivere il suo primo romanzo “La strada per Los Angeles” (1936) seguito da “Aspetta primavera, Bandini”, replicato subito dopo con “Chiedi alla polvere” (1939).

Il romanzo è ambientato in California durante la Grande depressione. Il protagonista è Arturo Bandini, un giovane aspirante scrittore statunitense figlio di immigrati italiani, che dopo la pubblicazione di un suo racconto, si trasferisce a Los Angeles in cerca di fortuna. Qui incontra una cameriera messicana, Camilla Lopez, con la quale intreccia una relazione tormentata e passionale. I temi affrontati sono principalmente la povertà, l’ingiustizia sociale ed il sogno americano. Sono particolarmente belle le parole che il protagonista pronuncia sulla tomba della ragazza nell’ultima parte del romanzo:

Lei apparteneva alle colline, ora, e le colline l’avrebbero nascosta. Dovevo lasciarla tornare alla loro solitudine, lasciarla vivere con i sassi e con il cielo, lasciare che il vento giocasse con i suoi capelli fino alla fine.

Era quella la sua strada.

Dopo la crisi narrativa durante il periodo della guerra, lo scrittore pubblica “Una vita piena” (1952) e successivamente il romanzo “La confraternita dell’uva” nel 1977.

Il romanzo “La confraternita dell’uva”, intitolato nella prima edizione italiana “La confraternita del Chianti”, descrive la storia del rapporto conflittuale tra un muratore in pensione, Nick Molise ed il figlio Mario, la moglie e l’altro figlio scrittore, Henry.

Tramite la figura di Nick, l’autore descrive quella del padre alle prese con i suoi sogni irrealizzati ed una famiglia, sulla quale scarica la propria amarezza e frustrazione. Lo scrittore descrive la realtà italoamericana del periodo, la figura del padre e dei suoi amici, che definisce “vecchi ubriaconi”. A causa del diabete dal quale è affetto, John viene costretto all’amputazione delle gambe e diventa cieco, il suo ultimo romanzo infatti, “Sogni di Bunker” (1952) viene redatto dalla moglie sotto dettatura, nella quale viene conclusa la saga di Arturo Bandini, suo alter ego. Dopo la morte avvenuta l’8 maggio del 1963, John Fante viene premiato dall’Associazione Internazionale degli scrittori (PEN) degli Stati Uniti e definito da Charles Bukowski “il narratore più maledetto d’America”.

Cinema

Dean Martin

Dean Martin è stata una delle stelle più brillanti del periodo in cui i cantanti confidenziali dalla voce di velluto, i Crooner, spopolavano negli Stati Uniti e non solo. La sua faccia, le sue canzoni, i suoi sketch sono diventati un’icona in tutto il mondo, contribuendo a diffondere l’immagine dell’italo-americano mascalzone e poetico. 

Dean Martin, nome d’arte di Dino Paul Crocetti, nasce a Steubenville, in Ohaio, il 7 giugno del 1917 da genitori di origine italiana.

Il padre, Gaetano Crocetti, era nato a Montesilvano, in provincia di Pescara, ed era un barbiere.  Agli inizi del XX secolo Gaetano decise, raccogliendo l’invito del fratello, di partire dalla sua regione alla volta degli Stati Uniti. Armato di buona volontà e di spirito di adattamento, forte del mestiere appreso in paese, si imbarcò con il poco che aveva alla volta del Nuovo Continente.

Raggiunti gli Stati Uniti si ricongiunse al fratello e cominciò a muoversi negli spazi sconfinati del nuovo continente in cerca di fortuna. Dopo varie peripezie giunse a Steubenville, in Ohaio. Ad attenderlo c’era quella che si può definire una situazione giusta per chi avesse avuto voglia di lavorare e di vivere una vita semplice e dignitosa. 

A Steubenville Gaetano si innamora della giovane Angela, anch’essa di origini italiane, e si sposa. Dal matrimonio nascono due figli: il primo, nato il 7 giugno del 1917 di nome Dino Paul e il secondo, Bill, nato poco dopo.

Il piccolo Dino rimane completamente digiuno di inglese fino all’età di 5 anni: a casa si parla solo italiano. A scuola comincia ad apprendere l’idioma ma ben presto abbandonerà gli studi formali per andare incontro al destino tipico dei figli di immigrati di quel periodo.

L’infanzia del futuro divo trascorre quindi in fretta, come quella di molti altri bambini italo-americani. La situazione, per quanto dignitosa, richiede che, appena si sia in grado di dare il proprio contributo alla famiglia, si esca in cerca di lavoro. Dino non sarà da meno: lustrascarpe, commesso, pugile, operaio in miniera, benzinaio, tassista, croupier in un casinò.

La scarsa formazione scolastica ricevuta e la non completa integrazione linguistica rimarranno un problema per Dino anche quando diventerà una star. Lo confermerà in un’intervista molti anni dopo: “Quando io e Jerry Lewis, all’apice della popolarità andavamo alle feste, tutti si aspettavano qualcosa da noi, ma io, al contrario di Jerry, rimanevo spesso bloccato perché, non sapendo parlare bene  l’inglese, decidevo che sarebbe stato meglio rimanere a bocca chiusa.”

L’arte di arrangiarsi si affiancherà presto alla voglia di emergere. Il richiamo del mondo dello spettacolo comincerà ad attrarre Dino in maniera sempre più decisa. Forte delle sue indubbie doti canore e della sua presenza scenica, comincia ad esibirsi in night-club di dubbia reputazione col nome di Dino Martini, cognome preso in prestito dal famoso tenore Nino Martini. La numerosa comunità italo-americana cominciò presto a ricercare le sue esibizioni sulla scia di altri cantanti di origine italiana come Frank Sinatra, Tony Bennett, Mario Lanza, Perry Como e Vic Damone. Il successo è dietro l’angolo. La sua particolarità rispetto ai colleghi è un legame molto forte con la terra d’origine. Ne è testimonianza il suo repertorio, che affianca classici della musica statunitense a rivisitazioni in chiave moderna di brani della musica popolare italiana. Ai ritmi swingati alterna richiami a tarantelle e valzer. Il mix è esplosivo e le sue canzoni diventano sempre più famose, prima tra gli italo-americani e poi in tutta la nazione. Fu in questo periodo che decise di cambiare nome: le orecchie americane non digerivano bene il suono del suo nome italiano. Dino Crocetti divenne così Dean Martin.

Un ulteriore slancio verso la popolarità avviene quando nel 1946 incontra il comico ebreo Joseph Lewitch, il futuro Jerry Lewis. Dopo un primo momento di incertezza i due trovano il giusto feeling e cominciano ad offrire al pubblico uno spettacolo multiforme in cui le canzoni di Dino si mescolano agli sketch di Jerry in una maniera nuova che conquista l’America e il mondo intero. 

Tra il 1948 e il 1956, insieme a Jerry Lewis, partecipò alla realizzazione di 16  film. Il successo divenne travolgente. Il rapporto con il comico di origini ebree sembrava a quel punto indissolubile: Dean, elegante e romantico, Jerry strampalato e anarchico. Insieme formavano un duo compatto e capace di incantare ogni tipo di pubblico. Il sodalizio sembrava quindi destinato a durare per sempre ma Dino era un treno in corsa, ambizioso e consapevole delle sue qualità. In maniera inaspettata decise di mettersi in proprio. Sarà la scelta giusta. Senza Jerry Lewis Dino diventa un gigante del cinema mondiale. Lo si vedrà interpretare ruoli rimasti nella storia, accanto a mostri sacri come Marlon  Brando, John Wayne e Frank Sinatra. Il suo talento si rivelò così multiforme e completo anche quando approdò sul piccolo schermo. Tra il 1965 e il 1974 condusse un programma televisivo settimanale interamente ideato intorno alla sua figura, il Dean Martin  Show. Dino è un’irrequieto, sia nel campo professionale che nella vita privata. 

Ebbe una vita sentimentale a dir poco turbolenta. Si sposò tre volte ed ebbe otto figli, oltre ad una lunghissima schiera di flirt. Il sorriso ammaliatore, l’aria menefreghista e disincantata, la sua immagine di uomo in smoking e la sua voce “all’olio d’oliva”, lo rendevano irresistibile. Come disse in un’intervista:. «Sono padre di otto figli. Intorno a me sentirete solo tre parole: ciao, addio e sono incinta»

La stella Dean Martin, l’immagine più cool del mondo dello spettacolo,  rimase sempre Dino  per gli amici. Era fiero delle sue origini e ci teneva a rimarcarlo ogni volta che poteva.

L’ amore per la terra natia del padre lo si riscontra nel repertorio che cantò per tutta la sua carriera e per la sua ostentata italianità, che furono due degli ingredienti segreti del suo irresistibile fascino.  Inoltre andava ghiotto di cibi italiani: la sua pietanza preferita, che la madre Angela gli preparava spesso, erano i “Quajatieje e facioli”, una minestra di fagioli con una pasta impastata a mano con acqua e farina. 

Per i montesilvanesi del tempo Dean era semplicemente Dino, il figlio di Gaetano “lu barbiere”: uno di loro che ce l’aveva fatta.  

Ennio Flaiano

Ennio Flaiano nasce a Pescara nel 1910, ma nel ’40 si trasferisce a Roma dove resterà per tutto il resto della vita. Appena trasferito, pur essendo iscritto alla facoltà di architettura, comincia la sua attività di giornalista, in special modo come critico letterario e cinematografico.

Comincia nella capitale la parte più interessante e feconda della sua esistenza: frequenta il Caffè Aragno dove conosce Cardarelli, Pannunzio, Brancati, De Feo, Savinio; sono gli anni della sua presa di coscienza profondamente antifascista, elaborata in un cenacolo letterario molto fertile.

In questo periodo diventa redattore de «Il Mondo» di Pannunzio su cui tiene la rubrica Diario notturno, i cui articoli saranno poi raccolti nel libro omonimo. Sviluppa una formazione di impronta liberale non solo in antitesi col fascismo, ma anche in aperta polemica sia col PCI che con la DC subito dopo la guerra.

Nel frattempo matura la sua profonda affezione per Roma a cui rimane sempre legatissimo.

Comincia ben presto anche la sua attività di soggettista e sceneggiatore cinematografico che va aumentando di anno in anno, ma che poi in qualche modo successivamente sconfessa dichiarando di avervi aderito soprattutto per motivi economici. In questo ambito lavorerà molto con Federico Fellini (Luci del varietà, Lo sceicco bianco, Otto e mezzo, I vitelloni, La strada, Le notti di Cabiria, La dolce vita, Giulietta degli spiriti) e con Antonioni (La notte).

Ininterrotto, a partire dal 1939 l’interesse per il teatro di cui scrive a più riprese su «Oggi» di Benedetti e Pannunzio e su «Europeo», mostrando particolare attenzione al teatro d’avanguardia, come il Living Theatre e le performances di Carmelo Bene.

Proprio come autore di teatro esordisce nel 1946 con La guerra spiegata ai poveri, poi nel 1957 vengono messi in scena altri atti unici umoristici come La donna nell’armadio e Il caso Papaleo nel 1960. Dello stesso anno è anche la versione teatrale di Un marziano a Roma, racconto omonimo del 1954.

Come narratore esordisce nel 1947 con Tempo di uccidere, opera in controtendenza rispetto all’imperante neorealismo dell’epoca: si tratta in pratica dell’unico romanzo di Flaiano, a meno che non vogliamo intendere romanzo anche Melampus. Successivamente egli infatti scriverà solo racconti (Una e una notte, 1959; Il gioco e il massacro, 1970) o addirittura notazioni diaristiche (il già citato Diario notturno del 1956). Intanto è diventato un uomo di cinema, tanto è vero che anche il suo Melampus sarà trasposto in opera cinematografica da Ferreri (si tratta del film La cagna), dando risonanza a quella che viene riconosciuta come la sua opera più felice.

Nel 1971 vengono raccolti in Un marziano a Roma i suoi lavori teatrali: l’ultima opera teatrale da lui scritta viene messa in scena poco prima della sua morte , avvenuta nel 1972 a Roma: si tratta di La conversazione continuamente interrotta, in cui la struttura drammaturgica è spezzata in una serie di sequenze contrassegnate da un dialogo senza possibile conclusione tra tre personaggi: un regista, un poeta e uno scrittore, tutti proiezioni dell’autore e della sua crisi creativa.
Nel ’72 esce anche Le ombre bianche, raccolta di elzeviri carichi di satira di costume.

Intanto ancora lavora, fino alla fine, alla produzione diaristica: nel 1973, l’anno successivo alla morte, viene pubblicato La solitudine del satiro che raccoglie articoli pubblicati sul «Mondo» e sul «Corriere della sera» insieme a scritti vari, parzialmente inediti, raccolti dall’autore come I fogli di Via Veneto.

Garry Kent Marshall (Gaetano Masciarelli)

Nato da immigrati italoamericani il 13 Novembre 1934  trapiantati nel Bronx (il padre di San Martino sulla Marrucina, Abruzzo, cambiò il cognome Masciarelli all’arrivo negli Usa), padre produttore e regista, Garry Kent Marshall si applicò dapprima al piccolo schermo scrivendo il pilot di Happy Days: fu lui a rendere celebre il personaggio di Fonzie, interpretato da Henry Winkler. A ripercorrere la sua carriera, pare che le vocazioni di Garry fossero due: far stare bene la gente che vedeva i suoi film da una parte: dall’altra consacrare star, offrendo ruoli indimenticabili a Julia Roberts e Richard Gere o Anne Hathaway, da lui scoperta e portata al successo.

Portabandiera dell’ultima generazione della rom-com americana, la commedia romantica piena di fanciulle in attesa, principi azzurri e finali lieti, Marshall aveva – paradossalmente – esordito sul grande schermo con una parodia: L’ospedale più pazzo del mondo (1982), che sbeffeggiava le serie tv romantico-sanitarie. Una volta adottata la chiave del romanticismo, però, non la lasciò più. E non si fatica a capirne il perché, visto il successo che nel 1990 accolse Pretty Woman. Dopo un’altra romantic- comedy di successo come Paura d’amare, Marshall tentò la doppietta riconvocando Julia e Richard per la commedia Se scappi ti sposo, accolta molto bene.

Muore il 19 Luglio 2016.

Penny Marshall (Penelope Masciarelli)

A San Martino sulla Marrucina, provincia di Chieti, negli anni Novanta le avevano conferito la cittadinanza d’onore. Da allora Carole Penelope Masciarelli, non era più tornata nel paese d’origine del nonno, ma ha continuato a strappare stima e simpatia tra i concittadini di un gruppo di case che vide partire Giuseppe. Più di novanta anni fa la famiglia Masciarelli piantò le proprie nuove radici nel quartiere Bronx di New York dando vita a una progenie particolarmente affezionata al lavoro in celluloide.

Il nome di Penny, negli annali di Hollywood fa rima con “Risvegli”. È questo titolo che ha consacrato la professionista tra le registe di qualità. Il suo ottimo film (con Robert De Niro e Robin Williams) ha imposto le sue già affermate qualità all’attenzione del grande botteghino trasformandola nella prima donna regista a superare i 100 milioni d’incasso.

Nata nel 1942, in momenti nei quali gli italiani erano guardati a vista come potenziali nemici, Penelope si trasferì dal Bronx nel Nuovo Messico, complice anche un primo grande amore: Michael Henry. 

Orgogliosa delle sue origini, Penny ha portato in Italia la figlia, il genero e la nipotina affinché imparassero a godere delle bellezze ancora in gran parte incontaminate dei luoghi d’origine. Il gesto ha voluto siglare anche un ricongiungimento con le proprie radici familiari, che solo nel corso degli anni lei ha saputo decifrare come un retaggio italiano. Figlia di Anthony Wallace Masciarelli e di Marjorie Irene Ward Penny memorizzò fin da piccola anche il nuovo nome, scelto dal padre per  esigenze di lavoro (con un nome italiano, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, era difficile trovare ingaggi nel mondo dello spettacolo).

E’ morta a Los Angeles il 17 Dicembre 2018.

Bradley Cooper

Nato a Filadelfia, Pennsylvania, figlio di Charles J. Cooper, ex broker della Merrill Lynch e di Gloria Campano, ha origini irlandesi da parte di padre ed italiane da parte di madre I suoi nonni materni sono italiani; Angelo Campano, poliziotto napoletano, e Assunta Campano, abruzzese, originaria di Ripa Teatina (provincia di Chieti) da cui ha ereditato la passione per la cucina.

Ha una sorella di nome Holly. Dopo essersi diplomato alla Germantown Academy nel 1993, frequenta la Georgetown University, laureandosi con lode in letteratura inglese nel 1997. Cooper parla un fluente francese, imparato alla Georgetown e nei sei mesi passati in Provenza come studente di scambio.Trasferitosi a New York frequenta l’Actors Studio Drama School alla New School University. Nel dicembre del 2006 sposa l’attrice Jennifer Esposito, ma il matrimonio dura pochi mesi. Il suo debutto come attore avviene in televisione, in un episodio di Sex and the City, mentre l’esordio cinematografico è nella commedia Wet Hot American Summer. Precedentemente aveva lavorato come presentatore nel programma avventuroso di Discovery Channel Treks in a Wild World, e per un’organizzazione no profit con lo scopo di insegnare recitazione ai bambini nelle scuole. 

Giada Colagrande

Giada Colagrande nata a Pescara il 16 Ottobre 1975 è una regista, attrice e sceneggiatrice italiana con cittadinanza statunitense. Ha studiato in Italia, Svizzera e Australia. Nel 1995 inizia a realizzare video arte e documentari sull’arte contemporanea.

Il 25 marzo 2005 sposa l’attore Willem Dafoe, conosciuto a Roma durante le riprese del film Le avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson.

Dal 1997 al 2000 ha aderito al progetto artistico VOLUME, realizzando una serie di ritratti video di 7 artisti contemporanei: Jannis Kounellis, Alfredo Pirri, Bernhard Rüdiger, Nunzio, Raimund Kummer, Gianni Dessí, Maurizio Savini e Sol Lewitt. Ha realizzato tre cortometraggi: Carnaval (1998), “Fetus – 4 Brings Death” (1999) e “n.3″ (2000). Nel 2001 ha scritto, diretto e interpretato il suo primo lungometraggio Aprimi il cuore (2002) (Open My Heart), presentato in anteprima al Festival del cinema di Venezia nel 2002, e poi selezionato da numerosi festival cinematografici internazionali, come il Tribeca Film Festival 2003, in concorso, e il Paris Cinema 2003, dove ha vinto il premio ” Prix de l’avenir ‘. Giada è stata anche nominata per il miglior nuovo regista al Silver Ribbon 2003. Open my Heart è stato rilasciato in Italia da Lucky Red e negli Stati Uniti da Strand Releasing. Nel 2005 ha diretto il suo secondo film Black Widow (2005), di cui è co-autrice e co-protagonista Willem Dafoe . Il film è stato inaugurato al Festival del cinema di Venezia nel 2005, è stato poi proiettato al San Sebastian Film Festival e in vari altri festival internazionali. Fu distribuito in tutto il mondo da Millennium con il titolo ‘Black Widow’. Nel 2010 ha scritto e diretto il suo terzo lungometraggio Una donna – A Woman (2010), con Willem Dafoe, Jess Weixler e Stefania Rocca. È stato anche presentato in anteprima al Festival del cinema di Venezia 2010 e poi proiettato in molti altri festival cinematografici internazionali.

Nel 2012 ha realizzato il cortometraggio The Woman Dress (2012), per la serie di Prada “The Miu Miu Women’s Tales”, e il film Bob Wilson’s Life & Death of Marina Abramovic (2012), un documentario sull’opera diretta da Robert Wilson, basato sulla biografia di Marina Abramovic, con Willem Dafoe, Antony Hegarty e la stessa Abramovic, che è stato proiettato al MoMA di New York e al Museo del Louvre di Parigi. Entrambi i film sono stati presentati in anteprima al Festival del cinema di Venezia 2012. Nel 2013 il film The Abramovic Method (2013), che continua la sua collaborazione con l’artista performativa Marina Abramovic, è stato presentato al Festival del cinema di Venezia e ha continuato ad essere esposto nei musei d’arte di tutto il mondo. Nel 2016 ha scritto, diretto e interpretato Padre (2016) con se stessa, Willem Dafoe , Franco Battiato e Marina Abramovic . Dopo aver debuttato al Festival Internacional de Cine de Morelia (Messico), il film è ancora proiettato nei festival cinematografici di tutto il mondo, mentre viene distribuito nelle sale cinematografiche da The Open Reel. Come attrice, ha anche recitato in Abel Ferrara Pasolini (2014) e nel cortometraggio di Wes Anderson Castello Cavalcanti (2013). Nel 2017 Giada ha debuttato come cantante, scrittrice e compositrice nel progetto THE MAGIC DOOR, creato con Arthuan Rebis e Vincenzo Zitello.

Patti Lupone

Patti LuPone (nata il 21 aprile 1949 a Northport, Long Island) è una cantante e attrice americana, nota per le sue performance vincitrici del Tony Award come Eva Perón nel musical Evita del 1979 e come Rose nel 2008 revival di Gypsy, e per la sua performance vincitrice del Premio Olivier nei panni di Fantine nel cast originale londinese di Les Misérables.

Figlia dell’amministratrice della biblioteca universitaria Angela Louise (nata Patti) e dell’amministratore scolastico Orlando Joseph LuPone. La famiglia era di origini italiane: suo padre, abruzzese, era originario di Pratola Peligna, e la sua pro-prozia era il celebre soprano Adelina Patti. L’attrice ha due fratelli, i gemelli Robert e William LuPone. Robert LuPone è un attore, ballerino e regista, noto soprattutto per aver recitato nella produzione originale del musical A Chorus Line nel ruolo del coreografo Zach; William, invece, è un insegnante.

Patti LuPone cominciò ad esibirsi durante l’infanzia con i due fratelli, con cui formava il “LuPone Trio” e il terzetto si esibiva a Long Island ed apparì anche su una rete televisiva locale. Durante gli studi superiori alla Northport High School, la LuPone imparò a suonare la tuba e studiò canto sotto la direzioni della vocal coach Esther Scott. Nel 1968 fu ammessa al primo corso di recitazione della prestigiosa Juilliard School, precedentemente nota solo come conservatorio, dove si formò per quattro anni sotto la supervisione di John Houseman. Patti LuPone fece parte del Group 1, i membri della prima classe di recitazione della Juilliard, che comprendeva anche futuri attori di successo come Kevin Kline, David Ogden Stiers e Stephen McKinley Henderson, e conseguì la laurea in arti drammatiche nel 1972.

Shera Danese

Nata a Philadelphia, 9 Ottobre 1949, è un’attrice statunitense, moglie dell’attore Peter Falk in arte tenente Colombo. Mrs Falk ha passato la sua adolescenza e a Stockton, nel New Jersey. Nel 1976 arriva al grande e al piccolo schermo con alcune serie di successo, fino all’ultimo lavoro sul set di “Cold Case – Delitti irrisolti” del 2010, nell’episodio “L’ultimo cliente”.

“Mia nonna era di Chieti e mio nonno di Teramo. Danese è il cognome di mio nonno Vincenzo, il padre di mia madre. Lui e la sua famiglia mi hanno cresciuta e per questo da ragazza ho deciso di prendere il suo cognome”, racconta Shera.

Continua con il suo racconto, “Eravamo circondati da italiani, i quali erano fortemente ancorati alle loro tradizioni. I miei compagni di gioco erano italiani e anche la mia migliore amica. Ricordo che quando avevo quattro o cinque anni, non potendomi lasciare da sola a casa, mia nonna Giovina mi portava con sé, dappertutto, persino alle veglie funebri, quelle dai rituali tipici italiani, dove le donne erano vestite di nero e portavano il fazzoletto in testa”, spiega ancora.

E poi approfondisce: “Sono cresciuta con i miei nonni, i quali nei primi del Novecento hanno lasciato l’Abruzzo per trasferirsi negli Stati Uniti. Mi ricordo mia nonna che si alzava alle cinque del mattino e iniziava a cucinare. Poi andava al mercato e al suo ritorno ricominciava a cucinare. Faceva di tutto, le pizze fritte, la conserva con i pomodori che coltivava lei stessa, gli gnocchi. Persino i maccheroni alla chitarra. Mia madre non ha buttato nulla di mia nonna e abbiamo ancora il suo attrezzo per fare la pasta. Un’altra sua specialità era la stracciatella in brodo con le sagne a pezzi, che faceva nei giorni di festa. Mentre mio nonno James (è il nome inglese di Vincenzo) in Abruzzo ferrava i cavalli. Qui, invece, lavorava come fabbro. Si era messo per conto suo. Realizzava ringhiere e altri ornamenti di ferro. La mia è stata un’infanzia molto semplice, ma piena di affetto e insegnamenti. Per molti italoamericani, i figli dei primi emigranti, il rapporto con le proprie radici è risultato spesso difficile, controverso, perché percepite come un ostacolo alla propria integrazione”.

Felix Anthony Silla 

Nato a Roccacasale provincia dell’Aquila, 11 gennaio 1937, morto a Las Vegas, 16 aprile 2021) è stato attore, stuntman e circense italiano naturalizzato statunitense, famoso per aver interpretato per primo il Cugino Itt nella prima serie televisiva tratta dalla famiglia immaginaria La Famiglia Addams.

Felix Silla era alto 119 cm, si trasferì negli Stati Uniti nel 1955. Lavorò inizialmente in un circo come acrobata: il suo talento lo portò fino a Hollywood dove divenne stuntman e attore. Divenne noto anche per l’interpretazione del robottino Twiki nella serie televisiva Buck Rogers (1979-1981). Apparve nei telefilm Vita da strega e la Famiglia Addams. Silla è stato fra i protagonisti di film notissimi come Il ritorno dello Jedi, nella parte di Ewok Retah, E.T., Balle spaziali e  Batman – Il ritorno”.

Musica

Veronica Ciccone (in arte Madonna)

La cantante e attrice Madonna, all’anagrafe Louise Veronica Ciccone, nasce a Bay City (USA) il 16 Agosto 1958.

Le origini di Madonna sono abruzzesi infatti i nonni paterni Gaetano Ciccone e Michelina Di Iulio nacquero rispettivamente nel 1901 e nel 1902 a Pacentro (un paese in provincia dell’Aquila) a 10 chilometri da Sulmona, nel 1919 si trasferirono negli Stati Uniti in cerca di fortuna.

Rimasta orfana di madre a soli 5 anni, Madonna cresce in Michigan insieme alle tre sorelle e ai quattro fratelli: Paula, Melanie, Jennifer, Christopher, Mario, Martin, Anthony.

Secondo la leggenda, a soli 17 anni si trasferisce a New York con solo 35 dollari in tasca e un paio di scarpette da ballo. Frequenta i club underground Danceteria e Paradise Garage.

Madonna ha sempre rivendicato le sue origini italiane ed abruzzesi e non appena è venuta in Italia per il suo primo concerto (famoso concerto di Torino del 1987) non ha mancato di incontrare i parenti in Abruzzo. Durante i concerti o trasmissioni televisive italiane ha inviato saluti a Pacentro ed i suoi abitanti.

Patti Palmer

Quando il sogno americano diventa realtà. Un caso è quello di Patti Palmer, cantante americana molto nota nel dopoguerra e fino agli anni Sessanta, moglie di Jerry Lewis.

Nel 1919 quando Maria Rotellini di Paganica, provincia dell’Aquila, diciannove anni, a servizio presso una famiglia facoltosa che la trattava a suon di botte, cosa allora ritenuta normale, trovò la via di uscita dall’infelice situazione esistenziale emigrando in America, con un matrimonio per procura, sistema che allora permetteva alle donne di superare tutte le difficoltà burocratiche per entrare negli USA. Il fratello di Maria, Franco, che era emigrato precedentemente e lavorava in una miniera del Wyoming, trovò un suo amico, tale Antonio Calonico, egli pure minatore emigrato, disposto a sposarla. Si combinò il matrimonio e così Maria fece il gran balzo da Paganica  ad un villaggio nei pressi della miniera nel Wyoming. Dal matrimonio nacquero due figli, Pasqualina e Giuseppe. Dell’infanzia di Pasqualina (Patti) si sa quello che lei racconta nella sua autobiografia “I laffed till I cried “, pubblicata nel 1993 negli States. E’ evidente che le percosse ricevute da giovane avevano segnato in modo indelebile il comportamento della madre Maria, che usava la stessa violenza domestica da lei subìta nei confronti della figlia. Nella sua autobiografia Pasqualina racconta: ” L’amore non è mai stato un elemento dominante della mia vita, prima d’incontrare Jerry”. Ma ben presto le cose cambiarono per la nostra Pasqualina, perché a causa del divorzio dei genitori, sia lei che il fratello vennero assegnati a due diverse famiglie benestanti per il loro sostentamento, avendo il giudice affidato lei alla madre ed il fratello al padre. Incominciò così una nuova vita, a Detroit. E qui fu la musica, la voce a dare uno scopo alla vita di Pasqualina. Prese subito il nome d’arte Patti Palmer, cantando con piccoli gruppi musicali in giro per la città fino a diventare la cantante del gruppo di Jimmy Dorsey e ad esibirsi a Broadway. Risale a questo periodo l’incontro fondamentale della sua vita con Jerry Lewis, anch’egli giovanissimo comico alle prime esperienze, destinato poi ad uno straordinario successo ad Hollywood come attore.  Si sposarono nel 1944, Patti e Jerry, risolvendo pacificamente tutti i problemi derivanti dalla differenza di religione, lui famiglia d’origine ebraica, lei cattolica. Intanto di Jerry Lewis cresceva la fama, specie quando nel 1946 conobbe Dean Martin, abruzzese d’origine come sua moglie, e costituì con lui una formidabile coppia di spettacolo nei night club e poi nel cinema.

Nel 1953 i due artisti fecero una visita ai parenti di Paganica e di quella giornata lasciarono molti ricordi e immagini.

Perry Como (Pierino Ronaldo Como)

Perry Como, una delle voci più belle della musica americana e poi protagonista anche al cinema con diverse commedie musicali all’attivo.

In realtà si chiamava Pierino, era nato a Canonsbourg, in Pennsylvania, nel 1912, morto nel 2001, era il settimo dei tredici figli di Pietro Como e di Lucia Travaglini, entrambi nati a Palena, in provincia di Chieti, ed emigrati a cercar fortuna negli Stati Uniti.

Pietro Como, come molti altri abruzzesi, lavorava come minatore ma i pochi dollari guadagnati in quel modo faticoso non gli impedirono di riuscire a far studiare musica ai suoi figli: a Perry toccarono il trombone e l‘organo, e fece quindi i suoi primi passi nel mondo dello spettacolo suonando in una banda.

Da giovane aveva aperto una sala da barbiere ma partecipando come cantante a degli eventi organizzati dalle associazioni degli italoamericani ebbe modo di far conoscere le potenzialità della sua bellissima voce, finché cominciò a ricevere proposte di lavoro dalle grandi orchestre e dal proprietario del celebre locale Copacabana.

Negli anni Cinquanta era ormai famosissimo e molto spesso si ritrovò addirittura davanti nelle classifiche a due mostri sacri dello spettacolo a stelle e a strisce come Frank Sinatra e Bing Crosby.

Tra i brani più famosi cantati da Perry Como ricordiamo Magic Moments nel 1957, che diventò un successo internazionale nel 1958. La massima posizione raggiunta dal singolo nella Billboard Hot 100 è difficile da conoscere per via della difficile reperibilità delle classifiche dell’epoca, ma è comunque molto probabile che sia arrivato qualche posizione al di sotto della top 10.

Si trattava di un artista di gran classe, pacato, elegante, dalla voce da crooner e dalla bella presenza scenica, che gli permise di approdare agevolmente anche sul set cinematografico: girò quasi esclusivamente commedie musicali, prima sotto contratto con la 20 th Centyry Fox e poi passando alla Metro Goldwyn Mayer.

Tra i suoi film ricordiamo Something for the boys, Doll Face e If I’m lucky di Lewis Seiler, e Parole e musica del celebre regista Norman Taurog, a fianco del vispo e simpatico Mickey Roney.

Riccardo Cocciante

Nato in Vietnam il 20 febbraio 1946 da padre italiano originario di Rocca di Mezzo e madre francese, a undici anni emigra con la famiglia a Roma.

È in Italia che si forma, artisticamente parlando, anche se manterrà sempre, grazie alla madre, una sorta di “doppia identità” italo-francese. È noto in Francia come Richard Cocciante.

Inizia ad esibirsi nei locali romani con un proprio repertorio con testi in inglese e, dopo alcuni provini con alcune etichette, viene messo sotto contratto dalla RCA Talent, debuttando nel 1968 con lo pseudonimo Riccardo Conte incidendo un 45 giri, che però passa inosservato.

Notato da Lilli Greco e Paolo Dossena, gli viene proposto di passare alla loro etichetta, la Delta, con cui incide, utilizzando il nome Richard Cocciante, nel 1971 il 45 giri Down memory lane/Rhythm e, nello stesso anno, la canzone Don’t put me down, contenuta nella colonna sonora del film Roma bene di Carlo Lizzani; queste incisioni non ottengono però riscontri presso il pubblico.

Cocciante conosce in quel periodo i parolieri Marco Luberti e Amerigo Paolo Cassella: decide quindi di passare a testi in italiano, iniziando una collaborazione con i due autori, e firma un nuovo contratto con l’RCA Italiana, per cui pubblica nel 1972 un concept album con influenze musicali di rock progressivo, Mu, raccontando la storia del continente perduto Mu, ancora a nome Richard.

Alle registrazioni dell’album partecipano molti musicisti prestigiosi, tra cui il leader dei Brainticket, il flautista Joel Vandroogenbroeck, ed il tastierista Paolo Rustichelli (del duo Rustichelli e Bordini).

Il primo disco pubblicato come Riccardo è Poesia del 1973 che, al contrario del precedente (costituito da due suites, una per lato) è composto da canzoni nello stile con cui Cocciante diventerà poi noto in seguito.

La title track viene incisa nello stesso periodo da Patty Pravo, e col tempo diventerà una delle sue canzoni più note.

Tra i suoi maggiori successi si ricordano Bella senz’anima (canzone citata da Francesco Guccini nella sua Le ragazze della notte), Margherita, Io canto (che nel 2006 Laura Pausini ha riportato in classifica con l’omonimo album di cover), Cervo a primavera, Celeste nostalgia e Quando Finisce Un Amore.

Ha vinto il Festival di Sanremo nel 1991 con Se stiamo insieme.

Ha duettato con Mina (Questione di feeling nel 1985 e Amore nel 1994), con Mietta (Sulla tua pelle e E pensare che pensavo mi pensassi almeno un po’ nel 1994) e con Paola Turci (E mi arriva il mare nel 1991).

È famoso inoltre per aver composto le opere popolari “Notre Dame de Paris”, “Le Petit Prince” (solo in Francia) e “Giulietta e Romeo”.

Michael Bublè

Le origini di Michael Bublé sono italiane: il nonno veneto di Treviso, la nonna Yolanda di origini abruzzesi di Carrufo una frazione di Villa Santa Lucia degli Abruzzi (AQ). Nato il 9 settembre 1975 a Vancouver, Canada, con la voce che si ritrova, con il viso da bel tenebroso e un look alla moda, Michael Bublé potrebbe tranquillamente inseguire sogni dorati nel mondo del pop. E invece la strada scelta aggira le melodie “facili” e i videoclip sexy. La sua musica omaggia Frank Sinatra, Bobby Darin, Ella Fitzgerald e Mills Brothers.

Dopo il successo ottenuto con la canzone “Spiderman” tema della colonna sonora del film “Spiderman 2” (2004), è uscito nel 2005 il secondo disco di Michael Bublè, intitolato “It’s Time”. Nel 2009 pubblica invece “Crazy Love”.

Il 31 marzo del 2011 sposa la bellissima modella argentina Luisana Lopilato: passano la luna di miele in Italia. 

Ivan Graziani

Ivan Graziani è un famoso cantante, nonché chitarrista, particolarmente noto nell’ambito del panorama musicale italiano. Ivan è nato il 6 ottobre 1945 a Teramo. Già durante l’infanzia, Ivan scoprì la sua passione per la pittura e la chitarra. Fu proprio il suo talento artistico a spingerlo a frequentare l’istituto d’arte. Alla sola età di 18 anni, Ivan entrò a far parte del gruppo di Nino Dale come chitarrista. Fu proprio durante questa fase della sua vita che iniziò a riscuotere un enorme successo, grazie al suo spiccato talento. Oltre a suonare, Graziani scoprì che amava cantare. Purtroppo, questa speciale avventura musicale nel gruppo di Nino Dale terminò quando Graziani venne ammesso alla scuola di arte grafica. Successivamente, nell’anno 1966, Ivan formò una nuova band: “Ivan e i Saggi “. Lo stesso nome venne poi cambiato in “Anonima Sound”. Negli anni seguenti venne pubblicato il loro primo disco, ovvero “Fuori piove/Parla tu”. Quest’ultimo riscosse un grande successo. Dopodiché la band incise un secondo disco, ovvero “L’amore mio, l’amore tuo/I tetti”.

Nel 1969 diedero vita al loro terzo 45 giri “Josephine/Mille”. La band si ampliò in seguito all’ingresso di Roberto “Hunka Munka” Carlotto, nel ruolo di tastierista e incise l’ultimo disco “Ombre vive/Girotondo”. Questo periodo fu davvero significativo all’interno della vita di Ivan Graziani, il quale dopo avere abbandonato la band per dedicarsi al servizio di leva obbligatorio, decise di intraprendere la carriera solista, dando vita a numerosi brani.

Debuttò con l’album “La città che io vorrei” nel 1973. Non passò inosservato anche “Tomaso’s Guitars” dedicato alla nascita del figlio Tommaso e alla moglie. Ivan Graziani diede vita anche ad importanti collaborazioni con numerosi artisti come Lucio Battisti, Gian Pieretti, Antonello Venditti e Francesco de Gregori. Dopo aver firmato un contratto con l’etichetta “Numero Uno”, Ivan Graziani ha registrato l’album “Ballata per quattro stagioni”, il quale però non ottenne molto successo. In seguito riscosse invece una grande popolarità con “I lupi”.

Non mancarono inoltre le collaborazioni con Ivano Fossati, Lucio Dalla, Rino Gaetano ed Anna Oxa. Ebbe un grande successo anche con “Parla tu” nel 1982. Negli anni seguenti, precisamente nel 1985, ha partecipato per la prima volta al Festival di Sanremo, con il brano “Franca ti amo”, ma nonostante non riscosse un grande successo, Ivan Graziani ottenne comunque una distinta visibilità. Durante gli ultimi anni della sua vita, Graziani decise di firmare un contratto con la “Carosello”, dando vita ad un vero e proprio studio all’interno delle mura domestiche che gli permetteva di lavorare in maniera del tutto tranquilla. 

Dopo aver firmato questo contratto con la nuova etichetta, tra i suoi successi spiccarono “Ivangarage” e “Segni d’amore”. Dopodiché diede vita agli album “Cicli e tricicli” nel 1991 e l’album dal vivo “Fragili fiori … livan” nel 1995, il quale contiene anche 5 canzoni inedite. Ha duettato con Renato Zero per il brano “La nutella di tua sorella”. Questo fu l’ultimo capolavoro di Ivan Graziani, prima della sua morte avvenuto il 1’ Gennaio 1997.

Henry Mancini

Henry Mancini è un personaggio incredibile che ha goduto del più grande dei privilegi per un musicista e compositore: la sua musica è entrata a pieno titolo nell’immaginario collettivo in ogni parte del mondo, grazie alle sue colonne sonore che hanno accompagnato alcuni dei film più iconici della storia del cinema.

Non c’è luogo al mondo dove non si conosca, ad esempio, il tema della Pantera Rosa, la suadente musica che accompagna i passi felpati del bizzarro felino.E c hi, inoltre, non ha subito il fascino di Audrey Hepburn mentre, seduta sul davanzale della sua finestra, canta Moon River nel film Colazione da Tiffany?

Hanry Mancini, nome d’arte di Enrico Nicola Mancini, nasce a Cleveland il 16 aprile del 1924 ma le sue origini sono italiane. Anna Pece, la madre del compositore, è originaria di Forlì nel Sannio (IS), mentre Quintino, il padre, nasce a Scanno,  in provincia di L’Aquila.

Quintino era partito, come tanti altri connazionali, alla volta degli Stati Uniti agli inizi del secolo scorso e qui aveva messo a disposizione la sua forza lavoro, partecipando allo straordinario sviluppo economico della nazione. Appassionato di musica e suonatore di flauto, indirizzò subito suo figlio allo studio delle note regalandogli un ottavino. La musica fu da subito l’amore della vita per Henry, che ben presto si dedicò allo studio del pianoforte e della composizione con il maestro  Mario Castelnuovo-Tedesco. All’età di 21 anni entrò ufficialmente nel gotha della musica statunitense collaborando con il grandissimo Glenn Miller come pianista e arrangiatore. 

Nel 1952 venne assunto dal  dipartimento “Musica” della Universal Pictures, per la quale firmò il primo lavoro di successo, la colonna sonora del film dedicato alla Storia di Glenn Miller, che nel frattempo era scomparso in circostanze misteriose durante un volo sulla Manica. La colonna sonora fu un successo e gli valse la prima nomination all’Oscar. Ne seguiranno tante altre. Basti pensare che nella sua ricca carriera collezionerà ben 4 statuette d’oro. E’ di questo periodo l’inizio del lungo sodalizio con il regista Blake Edwards. Insieme entreranno nella storia del cinema e della musica.

Nel corso della sua vita Henry mantenne sempre saldi i contatti con le sue origini. In un’intervista di qualche anno fa la cugina Maria Rosaria, che a Scanno è nata e vissuta, racconta di un piacevole episodio in cui incontrò il compositore a Roma, un giorno del lontano 1955. Dopo aver parlato a lungo, si recarono a Scanno. Nel più totale anonimato, Henry volle visitare la casa in cui era nato suo padre e godersi un pranzo sulle sponde del lago a forma di cuore nel quale si specchia il paese.

Henry Mancini, muore a Beverly Hills nel 1994. In suo onore nel 2017 gli venne dedicata proprio la via in cui nacque suo padre.

AL Martino

Jasper Cinì, in arte Al Martino, uno dei più grandi cantanti italo-americani, scomparso a Philadelfia (Stati Uniti) nel 2009 all’età di 82 anni, era di origini abruzzesi e in particolare di Nereto (Teramo).

Cantante, inizia sin da giovane a lavorare nell’azienda edile paterna, ma cerca di cambiare vita facendo il barista o accettando di partecipare a incontri di boxe. È il tenore Mario Lanza, suo amico, a spingerlo a tentare la via della musica e a convincerlo a esibirsi nei night club della sua città natale con lo pseudonimo di Al Martino.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre è di leva nel corpo dei marines, viene inviato al fronte e rimane ferito nella battaglia di Iwo Jima. Nel 1948, alla fine del conflitto, raggiunge Mario Lanza a New York dove vince un concorso canoro aggiudicandosi una scrittura di due anni per una piccola casa discografica, la BBS.

Il successo arriva il 1952 quando una delle sue canzoni, “Here in My Heart”, scala le classifiche del Regno Unito, restando al primo posto per ben nove settimane. Martino ottiene così l’ingaggio della Capitol Records, ma viene minacciato da alcuni malavitosi che gli intimano di non tornare ad esibirsi negli Stati Uniti. Questa esperienza gli serve per dare veridicità al suo personaggio, quando nel 1972 Francis Ford Coppola gli chiede di interpretare il ruolo di Johnny Fontane in “Il padrino”, ispirato al romanzo omonimo di Mario Puzo. Il cantante torna a ricoprire lo stesso ruolo nel 1990 in “Il Padrino parte terza”, episodio conclusivo della saga ancora una volta diretto da Coppola. Torna al cinema soltanto una volta, nel 2006, per un piccolo ruolo in “Cutout”, cortometraggio di Marc Cantone, in cui interpreta il ruolo di un anziano crooner.

Mario Lanza (Alfredo Cocozza)

Mario Lanza, il tenore elegante e dal bell’aspetto dall’emissione morbida ma incisiva, dai centri rotondi e capace di filare i si bemolle come pochi, dopo il grande successo che lo ha baciato in vita.

Nato il 31 gennaio 1921 a Filadelfia con il nome Alfred Arnold Cocozza in una famiglia di umili emigranti italiani, il padre Antonio Cocozza, emigrato negli Stati Uniti in giovane età, era originario di Filignano, in provincia di Isernia (Molise), mentre la madre Maria Lanza era originaria di Tocco da Casauria, in provincia di Pescara (Abruzzo). Dopo i normali studi scolastici si dedica alle più svariate attività. Da ragazzo ha una particolare propensione per lo sport, tale che pochi avrebbero visto in lui il futuro cantante capace di ammaliare le folle (soprattutto femminili). In segreto però l’aitante giovanotto di origini italiane coltivava una vera passione per il mostro sacro del canto per antonomasia: Caruso. Un modello sempre tenuto presente, fonte di ispirazione ed esempio imperituro; tale e tanta è stata l’immedesimazione, che Lanza arriverà ad incarnarlo in un celebre film. La conquista del successo per questo povero figlio di immigrati non è comunque piovuta dal cielo. Inizia a dedicarsi al canto a diciannove anni, in età già discretamente avanzata, presso Madame Irene Williams la quale, entusiasta delle sue non comuni doti vocali, vuole farlo sentire al celebre direttore d’orchestra Serge Koussevitzky.

Alfred si impegna con serietà per migliorare e raffinare le sue doti naturali, distinguendosi come miglior allievo e riuscendo così esordire il 7 agosto 1942 ne Le allegre comari di Windsor di Nicolai, con il ruolo di Fenton, riscuotendo unanimi consensi. Fra gli altri, il critico del New York Times loda in particolar modo «la superba potenza della sua voce».

Muore a Roma il 7 Ottobre 1959

Politica & Amministrazione

Giulio Raimondo Mazzarino

14 luglio 1602: GIULIO RAIMONDO MAZZARINO nasce a Pescina (L’Aquila) da Pietro e da Ortenzia Buffalini. Il padre è palermitano e la madre è dell’Umbria; si sono conosciuti a Roma a servizio della famiglia Colonna. A Pescina allora sede vescovile dei Marsi – Pietro viene durante l’estate per amministrare i benefici di un cognato. E qui il primo settembre 1605 nasce anche un altro figlio dei Mazzarino, Alessandro, che sarà domenicano e arcivescovo di Aix.
1602-1618: Mazzarino trascorre la fanciullezza e l’adolescenza a Roma. Frequenta il Collegio Romano dei Gesuiti con i giovani dell’aristocrazia romana. Diventa amico intimo di Girolamo Colonna, ed è un protetto della potente famiglia.
1619-1621: Mazzarino accompagna a Madrid Girolamo Colonna e vive la prima seria avventura sentimentale con la figlia di un notaio della città spagnola.
1625-1626: Mazzarino si arruola nell’esercito pontificio per la campagna militare in Valtellina, dove si stanno giuocando gli interessi delle due grandi potenze di allora, la Spagna e la Francia. Ottiene il grado di capitano.
1628: Mazzarino si laurea in utroque, cioè in diritto ecclesíastico e civile.
1629-1630: Prima importante missione diplomatica di Mazzaríno a servizio del papa Urbano VIII per evitare lo scontro degli eserciti spagnolo e francese nel Monferrato.
26 ottobre 1630. Primo successo di Mazzarino, che lo rende famoso in tutta Europa: dopo aver fatto firmare la tregua fra gli eserciti francese, spagnuolo e piemontese, egli riesce a bloccare la battaglia che stava per cominciare sotto le mura della città di Casale, e intraprende una serie di negoziazioni che porteranno poi al trattato di Cherasco nell’aprile 1631.
1631: Mazzarino si orienta a favore della politica francese. Conosce Richelíeu, ne comprende e condivide la politica, e si lascia attirare nell’orbita del grande Primo Ministro.
1632-1636: Mazzarino compie diverse missioni diplomatiche e si reca ripetutamente in Francia. Si lega sempre di più alla corte e al governo di Luigi xiii e di Richelieu.
17 dicembre 1638: Al posto di Padre Joseph morente, di cui Richelieu appoggiava la candidatura al cardinalato, Mazzaríno è sostenuto da Richelieu in nome del Re di Francia per ricevere la cappa magna.
3 gennaio 1640: Mazzarino si stabilisce definitivamente a Parigi. Da questo momento non farà più ritorno in Italia.
6 dicembre 1641: Mazzarino viene nominato cardinale su richiesta di Luigi xiii e per le insistenze di Richelieu, ma non andrà mai a Roma per ricevere il « cappello » cardinalízio.
4 dicembre 1642: Muore Richelieu e Mazzarino è nominato primo ministro da Luigi XIII°.

3-7 marzo 1661: Mazzarino redige il testamento. Diciotto diamanti sono donati alla corona di Francia. Due milioni di lire vengono destinati alla fondazione del « Collegio delle Quattro Nazioni », a cui viene annessa la biblioteca di 50.000 volumi.
9 marzo 1661: GIULIO RAIMONDO MAZZARINO, Cardinale, Primo Ministro del Re di Francia, muore dopo aver dato le sue ultime raccomandazioni politiche a Luigi XIV. La sua fama raggiunge vette raramente accordate ad un essere umano.

Filomena Delli Castelli

Filomena Delli Castelli, detta Memena, fu una delle due donne abruzzesi, insieme con Maria Federici, a essere eletta all’Assemblea Costituente.
Era nata il 28 settembre 1916 a Città Sant’Angelo (Pescara) da una famiglia modesta: suo padre Giovanni emigrò in America per cercare di far fortuna come jazzista e lei crebbe con la madre e il fratello nel piccolo centro abruzzese.
Dopo aver  conseguito il diploma magistrale nel 1933,  Filomena si iscrisse alla facoltà di Lettere presso l’Università Cattolica di Milano. Le circostanze economiche le imposero però di dividersi tra lo studio e il lavoro di insegnamento alle scuole elementari: ma ciò non le impedì di mantenere il suo impegno nell’Azione Cattolica – che aveva già iniziato al paese,  ricoprendo anche la carica di delegata giovanile regionale a soli diciassette  anni – frequentando la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), dove maturò anche il suo antifascismo.

Nel 1940 si laureò a pieni voti e, rientrata in Abruzzo, dove si trovò a insegnare proprio presso l’istituto in cui aveva studiato per conseguire il diploma, durante l’occupazione tedesca prese parte alla Resistenza sia come crocerossina che con un’intensa attività clandestina, curandosi in particolare dei profughi giunti in massa nella provincia di Pescara. Sempre in questo periodo aderì al primo nucleo della Democrazia cristiana abruzzese, assumendo anche l’incarico di segretaria provinciale per la sezione femminile. Istruita e colta, diretta nella comunicazione e dotata di ottime capacità organizzative, venne presto apprezzata dai dirigenti nazionali; in particolare, fu Mario Cingolani, esponente di spicco della direzione nazionale della Dc, a chiederle di trasferirsi a Roma, per seguire il Movimento femminile del partito a livello nazionale. “Dopo qualche giorno, si era alla fine del 1945, partii per Roma con mia madre. Mia madre mi seguiva sempre, io avevo 29 anni, mio padre era in America, mio fratello in guerra”. Nella capitale l’attendevano il lavoro politico e un impiego presso l’ufficio stampa del Presidente del Consiglio; ma anche da lì non fece comunque mai mancare il suo apporto all’attività politica della propria regione.

E così, a soli trent’anni, fu eletta all’Assemblea Costituente con oltre 27.000 voti di preferenza: un grande successo personale ottenuto anche, come lei stessa ammise, grazie alla rete delle parrocchie e al passaparola. Ma confessò anche che, entrando alla Camera, avvertì forte il peso della responsabilità che si stava assumendo.

Nella costituente Delli Castelli confermò la sua determinazione nel sostenere la causa dei diritti femminili che,  come lei stessa ricorda, unì in modo trasversale tutte le costituenti indipendentemente dallo schieramento politico – “La pattuglia femminile della Costituente serrava i ranghi quando erano in discussione e da risolvere i problemi inerenti il lavoro, la famiglia, la scuola”  – perché in loro erano sempre ben presenti le condizioni concrete delle donne nel Paese, così come quelle dei bambini, degli orfani, di quanti erano tornati dalla prigionia o dai campi di concentramento, e la necessità di evitare discussioni astratte e di principio, per mantenersi invece sempre aderenti alle reali necessità. Il suo lavoro e la sua preparazione furono apprezzati molto anche dagli avversari, al punto che sia Nilde Iotti sia Concetto Marchesi le proposero più volte, invano, di passare nel loro partito.

Nel 1948 venne eletta alla Camera dei Deputati e qui fece parte, tra le altre,  della Commissione speciale per l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sul teatro e sulla cinematografia  e della Commissione speciale per la ratifica dei decreti legislativi emanati nel periodo della Costituente. Nella seduta parlamentare del 22 ottobre 1952 chiese al Governo di introdurre l’insegnamento della storia dell’arte in tutte le scuole medie superiori proponendo, come docenti, gli artisti, i pittori e gli scultori locali; nell’intervento del 19 dicembre 1952, si proclamò favorevole all’insegnamento della cinematografia nelle scuole come valido aiuto per gli insegnanti, nella convinzione che con la tecnica cinematografica gli allievi avrebbero potuto apprendere di più e meglio e  firmò anche, sempre a sostegno della cinematografia, il progetto di legge per istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri “il Comitato nazionale per la cinematografia per i ragazzi” con il compito di studiarne i problemi e promuoverne lo sviluppo.

Nel frattempo venne anche eletta prima consigliera comunale e poi sindaca a Montesilvano, dal 1951 al 1955. Durante l’espletamento di questo mandato realizzò opere importanti come la sistemazione della rete idrica per garantire l’accesso all’acqua potabile per i cittadini e la costruzione di strade e progettò interventi finalizzati alla valorizzazione del patrimonio locale e all’incremento del turismo nel rispetto dell’ambiente: essi però non furono  mai realizzati “perché cominciavano i grossi interessi edilizi” e a causa anche dell’opposizione del suo stesso partito: “La lotta contro di me fu all’interno del mio partito”.

Nelle elezioni per la seconda legislatura repubblicana, nel 1953, risultò la prima dei non eletti, ma fu “ripescata” nel dicembre del 1955, in sostituzione dell’on. Giuseppe Castelli Avolio, dimessosi in quanto nominato giudice costituzionale. Nel 1958 fu nuovamente candidata ma, probabilmente a causa del suo rifiuto delle logiche correntizie, non venne rieletta. Da quel momento – nonostante fosse ancora molto giovane (quarantadue anni) e non avesse abbandonato l’impegno politico – la sua visibilità sulla scena nazionale fu, come osserva Patrizia Gabrielli- “fortemente ridimensionata, se non cancellata”. Continuò a vivere a Roma, dove aveva un incarico all’Istituto Luce; nominata funzionaria della Rai, si occupò della Tv dei ragazzi fino al 1975. 

Tornò poi a Pescara dove visse “francescanamente in compagnia di tante persone che ogni giorno vanno a trovarla per parlare di politica, di economia, di problemi dell’Abruzzo” e dove morirà il 22 dicembre 2010, all’età di novantaquattro anni.

Remo Gaspari

Remo Gaspari è nato a Gissi, in provincia di Chieti, in Abruzzo, una regione che sarebbe stato il suo principale bacino elettorale nel corso della sua carriera politica. Si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna.

Gaspari è stato un membro del Parlamento italiano, senza interruzioni dal 1968 al 1992. E ‘stato membro della cosiddetta dorotei ala Italiana Democrazia Cristiana: Democrazia Cristiana , semplicemente DC insieme a Vincenzo Scotti, Arnaldo Forlani e Antonio Gava. Nel 1960, è stato sottosegretario al ministero delle poste e le telecomunicazioni.

 Dopo una serie di posizioni come sottosegretario in vari ministri, è diventato ministro per la prima volta nel secondo governo Rumor (1968), e, successivamente, di nuovo sotto Rumor e i seguaci primi ministri Colombo e Andreotti, è stato ministro della Riforma della Pubblica Amministrazione .

Ministro della Salute nel governo Andreotti, Gaspari è stato anche vice-segretario nazionale della DC nel 1976-1980. Nel 1980 è diventato ministro delle Relazioni con il Parlamento nel secondo governo Cossiga, ministro della Funzione Pubblica, e dal 1987 ministro della Difesa nel breve periodo del governo di Amintore Fanfani. Dopo un periodo come ministro per il Mezzogiorno, ha concluso la sua carriera di governo come Ministro della Funzione Pubblica, sotto la guida di Giulio Andreotti nei primi anni del 1990.

Gaspari muore a Gissi nel luglio 2011.

John A. Volpe

Figlio di un muratore abruzzese originario della provincia di Pescara, Pescosansonesco, ed emigrato negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento, John Anthony Volpe nacque nel 1908 a Wakefield, cittadina dello stato del Massachusetts.

 Dopo gli studi presso il Wentworth Institute of Technology di Boston, ove si laureò nel 1930 in architectural construction, fondò una società di costruzioni di cui fu il presidente fino al 1969. Dal 1943 al 1945, partecipò alla seconda guerra mondiale arruolato nel Civil Engineer Corps della Marina degli Stati Uniti.

Membro del Partito Repubblicano, nel 1953 Volpe divenne commissario ai Lavori pubblici del Massachusetts e nel 1956 il presidente Eisenhower lo nominò primo amministratore della Federal Highway, divisione del Dipartimento dei Trasporti per le autostrade. Governatore del Massachusetts dal 1961 al 1963 e dal 1965 al 1969, nel 1969, con la nuova amministrazione del presidente repubblicano Nixon, fu nominato segretario del Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti incarico che mantenne sino al 1973. Durante tale periodo, per contrastare il declino del trasporto passeggeri su rotaia, diede un contributo decisivo per la realizzazione (1º maggio 1971) della National Railroad Passenger Corporation (nome commerciale Amtrak), un sistema di trasporto extraurbano su ferrovia di proprietà del governo federale.

Il 2 febbraio 1973 Nixon, al suo secondo mandato presidenziale, lo nominò nuovo ambasciatore in Italia. Il 6 marzo successivo Volpe presentò le sue credenziali succedendo a Graham Martin. Nel 1974, nelle sue funzioni di ambasciatore, consegnò a Michele Sindona, discusso banchiere italiano con rilevanti interessi anche negli USA, il riconoscimento quale “uomo dell’anno 1973”. Nel 1975, in un’intervista al settimanale Epoca, espresse la contrarietà dell’amministrazione statunitense all’eventuale ingresso del Partito Comunista Italiano nel Governo italiano: tale evenienza “determinerebbe una contraddizione di fondo” con l’appartenenza dell’Italia alla NATO. Con l’elezione del nuovo presidente Jimmy Carter, esponente del Partito Democratico, cessò dall’incarico il 24 gennaio 1977, sostituito da Richard Newton Gardner.

Morì nel 1994, all’età di ottantacinque anni, a Salem, capoluogo della contea di Essex, nel Massachusetts. È sepolto nel cimitero di Wakefield, sua città natale.

Giuliano Zaccarella

Giuliano Zaccardelli è il comandante delle mitiche Giubbe Rosse canadesi, la più famosa polizia a cavallo del mondo.

E’ nato nel 1947 a Prezza, in provincia dell’Aquila e dalle impervie montagne Abruzzesi ha tratto la capacità di muoversi in terreni ostili. Una qualità che lo avrebbe portato nel tempo a scegliere proprio il difficile lavoro di “Giubba Rossa”, in un territorio come il Canada occidentale, fortemente impervio, affidato a una forza di polizia da sempre fortemente rimaneggiata rispetto ai compiti affidati. Emigrato in terra canadese con la sua famiglia all’età di sette anni, a Montreal (precisamente a St.Leonard), Zaccardelli dopo il diploma, ottenuto nel Loyola College in Amministrazione commerciale, si arruolò nel leggendario corpo di polizia a cavallo nel 1970 e intraprese il suo periodo di addestramento nella Divisione “Regina” ubicata nella regione dello Saskatchewan.

Nella sua carriera ha vissuto tutte le tappe di crescita all’interno della Royal Canadian Mounted Police, iniziando a operare attivamente nella regione dell’Alberta. Nel 1974 arrivò il trasferimento a Toronto, nella sezione crimini commerciali. Significava smontare idealmente da cavallo per montare su automobili con le sirene e abbracciare il computer più che la carabina.
Il suo ottimo lavoro gli valse un altro trasferimento con aumento di grado, a Calgary (nel 1981), e sempre nella sezione dei crimini finanziari.
Divenuto uno degli investigatori più abile delle forze di polizia canadesi, “Zack” (nome con il quale é conosciuto tra gli amici) mise a segno numerose operazioni di smantellamento del crimine organizzato, operando spesso spalla a spalla con i colleghi statunitensi di frontiera.
Sono anni nei quali l’italiano frequenta anche i corsi di perfezionamento nell’accademia FBI Program at the FBI e i corsi per commissari di polizia del Bramshill Police Staff College, in Inghilterra. Nel 1986 la carriera di Zaccardelli si trasforma temporaneamente in un lavoro più burocratico. Alla forza fisica viene preferita la strategia raffinata delle tecnologie elettroniche e la sua fama lo porta nel quartiere generale di Ottawa come capoufficio investigazioni del settore immigrazione. Promosso sovrintendente nel 1989, il poliziotto nato a Prezza lasciò però in tempi brevi il lavoro d’ufficio per tornare in prima linea nel reparto criminale del New Brunswick per poi passare nel 1993 in Quebec.
Nel 1995 il salto al grado di Commissario assistente nel Comando dell’Ontario e nel 1998 l’incarico di direttore di un nuovo ufficio per la lotta alla criminalità internazionale.

Attivo membro dell’associazione canadesi commissari di polizia, ottimo “segugio” dell’Interpol e dell’International Criminal Police Organization (ICPO), Giuliano Zaccardelli si é guadagnato più di una onoreficenza per il suo ottimo lavoro. Vice presidente onorario del Royal Canadian Legion, ha nel suo curriculum sette medaglie al valore, potendo vantare l’ Ordine al Merito delle “Police Forces” 2002; l’Ordine di S.Giovanni di Gerusalemme, la Queen Elizabeth II Golden Jubilee Commemorative Medal , la medaglia d’onore per il servizio prestato ininterrottamente con la RCMP , la Legione d’Onore francese come ufficiale.
Il Presidente Azeglio Ciampi ha voluto rendere omaggio alle grandi doti professionali e umane di Zaccardelli, nominandolo nel 2005 Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica.
Padrone assoluto della lingua inglese e francese, Zack conosce molto bene anche l’italiano, tornando ogni tanto con la moglie Bette nella sua terra d’origine. Un tuffo nella memoria che lo aiuta anche a mantenere saldi i rapporti con le forze di polizia italiana, per confrontare le proprie strategie con quelle di colleghi operanti in altri scenari. Ma appena possibile, Giuliano Zaccardelli fugge dagli uffici e dalla città per tornare in sella a un cavallo e riprendere almeno in parte quelle cavalcate che lo vedevano protagonista tra le montagne di frontiera del Canada, con l’immancabile giubba rossa.

Elio Di Rupo

Elio Di Rupo (nato a Morlanwelz, 18 luglio 1951) è un politico belga di origine italiana, Primo ministro del Belgio dal 6 dicembre 2011 all’11 ottobre 2014. È presidente del Partito socialista belga dal 1999.

figlio di emigrati italiani giunti in Belgio dall’Abruzzo, nel 1947, nel quadro di un accordo con l’Italia per portare 50.000 lavoratori italiani in Belgio. I genitori provenivano dalla cittadina di San Valentino in Abruzzo Citeriore (Pescara). Il padre morì in un incidente stradale nel luglio del 1952, quando Elio aveva esattamente un anno.

Di Rupo si laureò in chimica, e successivamente conseguì un dottorato presso l’Università di Mons, per poi specializzarsi a Leeds fra il 1977 e il 1978. Durante gli studi cominciò a interessarsi alla politica, militando nel Partito Socialista, che corrispondeva ai suoi ideali di giustizia sociale e di libertà individuale.

L’8 luglio 2010 riceve dal Re un incarico esplorativo per formare un governo, ma dopo lunghe trattative vi rinuncia.

Il 16 maggio 2011 è di nuovo chiamato a trattative con i partiti belgi per il governo, e a ottobre 2011 riesce a trovare un accordo con alcuni partiti sulla struttura federale e sull’addio al nucleare. Il 21 novembre 2011, ha rassegnato le sue dimissioni dovute all’impossibilità di trovare un accordo sul bilancio 2012, per poi ritirarle cinque giorni dopo. Dopo ulteriori negoziati, ha prestato giuramento come Primo Ministro del Belgio il 6 dicembre 2011, mettendo fine a un lungo periodo in cui il Belgio è rimasto senza governo, dopo 541 giorni.

Di Rupo è il primo francofono (pur di origine italiana) a ricoprire la carica di Primo Ministro dopo oltre trent’anni: l’ultimo era stato Paul Vanden Boeynants nel 1979. È il primo socialista a tornare alla guida del Governo dopo che Edmond Leburton l’aveva lasciata nel 1974.

Michael Pompeo

Michael Richard Pompeo, detto Mike (Orange, 30 dicembre 1963), è un politico 2018, sotto la presidenza Trump. È stato membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Kansas dal 2011 al 2017 e direttore della CIA dal 23 gennaio 2017 al 26 aprile 2018.

È di origini italiane (sua nonna paterna Fay Brandolino era figlia di Giuseppe Brandolino e Carmela Sanelli che emigrarono in USA da Caramanico Terme in Abruzzo, mentre i suoi bisnonni paterni Carlo Pompeo e Gemma Pacella avevano casa a Pacentro in Abruzzo prima di emigrare in USA tra il 1899 e il 1900). Laureato in Ingegneria gestionale alla United States Military Academy di West Point nel 1986, dopo una breve carriera militare fino al grado di capitano, nel 1994 si laureò in Legge all’Università di Harvard. È membro dell’Italian American Congressional Delegation.

Lavorò come avvocato e imprenditore nel settore aerospaziale, associato a tre amici dai tempi di West Point, fin quando entrò in politica con il Partito Repubblicano.

Nel 2010 si candidò alla Camera dei Rappresentanti per il seggio lasciato dal compagno di partito Todd Tiahrt e venne eletto deputato, per poi essere riconfermato nelle successive tornate elettorali. Ideologicamente Pompeo è considerato un repubblicano conservatore ed è appoggiato dal Tea Party.

Dal 23 gennaio 2017 al 26 aprile 2018 è a capo della CIA.

Il 13 marzo 2018 viene nominato Segretario di Stato degli Stati Uniti dal Presidente Trump, in sostituzione di Rex Tillerson, entrando in carica il successivo 26 aprile. In tale veste, ha un ruolo primario nell’organizzazione dello storico vertice tra Stati Uniti e Corea del Nord, svoltosi sull’isola di Sentosa (Singapore) il 12 giugno.

È descritto come uno dei “falchi” nei confronti dell’Iran e del Venezuela.

e imprenditore statunitense, Segretario di Stato degli Stati Uniti dal 26 aprile

Natalino Irti

Nasce ad Avezzano, 5 aprile 1936 è un accademico e avvocato italiano.

Professore ordinario dal 1968, allievo di Emilio Betti, ha insegnato nelle università di Sassari, Parma, Perugia, Torino, dove si è formato ulteriormente sotto il magistero di Mario Allara. Nel 1977 è stato chiamato alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Roma La Sapienza, dove ha insegnato istituzioni di diritto privato, diritto civile e teoria generale del diritto.Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici, già membro del Consiglio Nazionale Forense, ha diretto importanti riviste giuridiche italiane.È accademico dei Lincei. Su indicazione del Partito Liberale, ha ricoperto vari incarichi in imprese di Stato ed è stato presidente del Credito Italiano, vicepresidente dell’Enel, membro del Cda IRI e del Comitato Privatizzazioni. Dal 1985 al 1987 è stato anche consigliere comunale di Roma, eletto nelle liste del PLI. Deve una grande fama alla sua opera L’età della decodificazione. Oltre agli studi più strettamente aderenti al diritto civile l’autore ha legato il suo nome al tema della progressiva perdita della centralità del codice civile nel diritto privato (1978), arrivando a teorizzare e anche a dimostrare attraverso le sue opere dedicate al diritto delle successioni (1967) e alla riproduzione contrattuale (1970) la nascita e lo sviluppo di sotto-sistemi normativi, governati da principi propri.

Il suo articolato pensiero giuridico muove dall’analisi concettuale e formale degli istituti, da una strenua difesa della forma (ovvero delle procedure formali) come metodo di decisione nella governance privata e pubblica. Nelle sue ultime opere ha teorizzato il “nichilismo giuridico ontologico” come esito ineluttabile della post-modernità e della globalizzazione.

La sua analisi investe altresì il rapporto tra la codificazione e il ruolo del giurista. Irti ha sostenuto che la crisi del sistema codice porta a una messa in discussione del ruolo del giurista, che non trova più alle sue spalle una stabilità normativa. Alla caduta del codice la certezza del diritto può essere garantita solo da un ruolo forte della dottrina. Al di fuori dei codici, che vengono prodotti ed emanati da un’autorità legislativa, esistono le leggi speciali, che sono invece frutto di una negoziazione tra gli operatori di settore e il potere politico. Nascendo, di conseguenza, al di fuori di schemi di legittimazione democratica ordinaria.

La sua opera, inoltre, si è diretta verso il recupero delle ideologie politiche, oramai annientate dalla stretta della “tenaglia”, da cui il titolo del suo saggio La tenaglia, costituita da un lato, dal potere dell’economia, quindi, dalla “tecnocrazia” e dall’altro, dalla religione, ossia dalla “clerocrazia”.

Nel 2003 è stata pubblicata a Lima in Perù una versione in spagnolo della sua “Introduzione critica allo studio del diritto privato”, corredata da note di diritto latinoamericano, a cura dei professori peruviani Leysser León Hilario e Rómulo Morales Hervias.

Nell’opera, Diritto senza verità, Irti ha portato a conclusione l’iter intrapreso con le opere Nichilismo giuridico ed Il salvagente della forma, facendosi latore di un vero e proprio neopositivismo giuridico, in cui il fondamento del diritto viene ancorato alla mera volontà dell’individuo, senza alcun riferimento a presunti valori o verità teologiche, metastoriche o metafisiche. Nel 2017 un’edizione francese, con alcuni saggi inediti, del volume Nichilismo giuridico è apparsa presso l’editore parigino Dalloz con il titolo Le nihilisme juridique a cura di N. Hakim e P. Alvazzi del Frate.

Fra le opere successive: La cultura del diritto civile (1990), Testo e contesto (1996), Studi sul formalismo negoziale (1997), L’età della decodificazione (1999), Dialogo su diritto e tecnica (con E. Severino, 2001), L’ordine giuridico del mercato (2004), Nichilismo giuridico (2005), Codice civile e società politica (2005), Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto (2006), Il salvagente della forma (2007), La tenaglia. In difesa dell’ideologia politica (2008), Diritto senza verità (2011), L’uso giuridico della natura (2013), Del salire in politica. Il problema tecnocrazia (2014), I “cancelli delle parole”. Intorno a regole, princìpi, norme (2015), Un diritto incalcolabile (2016) e Elogio del diritto (con M. Cacciari, 2019), Riconoscersi nella parola (Bologna, 2020)

Arte & Tecnologia

Francesco Paolo Michetti

Francesco Paolo Michetti nacque a Tocco da Casauria (Pescara) nel 1854.

Studiò inizialmente disegno a Chieti sotto la guida di Francesco Paolo Marchiani.

Ottenuta poi una pensione mensile di trenta lire dal Consiglio provinciale, si trasferì nel 1868 a Napoli. Qui frequentò l’Accademia di Belle Arti, seguendo gli insegnamenti di Domenico Morelli e di Filippo Palizzi. L’acquisizione da parte della principessa di Fondi del primo lavoro, La gallina, contribuì a destare l’interesse nei suoi confronti da parte della contessa De La Ferd, del mercante “Maestro Peppe” e di Don Paolo Rotondo, che gli procurò clienti a Parigi.

Nelle opere d’esordio risentì molto dell’influenza luministica di Marco de Gregorio. La briosità dei soggetti agresti, come, ad esempio Fanciullo al sole (1872 ca.) e Bambina con gallina, incontrò, sin da subito, i favori dei committenti. Grazie all’amicizia con De Nittis fu inviato a Parigi presso il mercante Goupil. Firmò anche, in questo periodo,  un contratto con il mercante tedesco Reutlinger. Partecipò al Salon del 1872 con Ritorno dall’erbaggio e Sonno dell’innocenza e  a quello del ’75 con La raccolta delle olive (di cui Goupil fece riprodurre alcune incisioni). Nel 1874 a Portici conobbe Mariano Fortuny da cui apprese un nuovo uso del colore e una luminosità più omogenea. L’anno successivo partecipò alla Promotrice Napoletana con Pastorelle Abruzzesi.Nel 1 877 presentò all’Esposizione Nazionale di Napoli La processione del Corpus Domini a Chieti e due Autoritratti, di cui uno eseguito a pastello, tecnica usata in quegli anni anche da De Nittis. Le tre opere ottennero un grande successo di critica e pubblico.

Nel 1878 presentò all’Esposizione Universale di Parigi tre dipinti, Il bacioCampagna con armentiPrimavera d’amore e una statua in terracotta raffigurante un contadino. Nel 1880 espose a Torino I morticelliL’ottavaLa domenica delle PalmeImpressione sull’Adriatico La pesca delle telline. Quest’ultimo lo presentò nello stesso anno anche all’Internazionale di Firenze. Fu nominato professore onorario dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nel 1883 a Roma espose Il voto, suscitando grande scandalo soprattutto per la sequenza cinematografica data alla composizione. Era questo il periodo in cui Michetti si mostrava sensibile a temi legati alla miseria, alle questioni sociali e alle superstizioni.L’i nsuccesso fu all’origine di una critica riflessione sull’indirizzo realista. Espose quindi solo nel 1887 a Venezia il Ritratto della Signora di Bernardaky e, l’anno seguente il Re Umberto gli commissionò gli commissionò il suo ritratto e quello della Regina Margherita. Sempre nel 1888 espose all’Internazionale di Vienna Il Ritratto di BarbellaIdillio campestreSulla spiaggia Salterello. Nel 1891 ottenne una medaglia d’oro all’Internazionale di Berlino per il Corpus Domini in Abruzzo.L’anno successivo presentò Zio Tommaso alla Promotrice napoletana. Due anni dopo , oltre ad inviare Una contadina che imbecca i tacchini a Berlino, partecipò all’Internazionale di Monaco e all’Universale di Anversa. Tornò a Berlino nel 1895 e nel’99. Nel 1900 ottenne una medaglia d’oro a Parigi con Le serpi e Gli storpi. Da quel momento, ad eccezione di sporadiche apparizioni a Venezia, Roma, Düsseldorf e Londra, abbandonò quasi completamente la scena pubblica.

Francesco Paolo Michetti  morì   a Francavilla nel 1929.

Michele Cascella

Nasce il 7 settembre 1892 ad Ortona a Mare (Ch). Viene introdotto all’arte dal padre Basilio, capostipite di una famiglia che conterà, nel corso del Novecento, numerosi esponenti artistici. Col fratello Tommaso, esordisce in una mostra alla “Famiglia Artistica” di Milano, nel 1907, dimostrando subito uno spiccato talento di colorista. Nel 1909, sempre con Tommaso, espone per la prima volta a Parigi, aggiornandosi agli sviluppi del Post-Impressionismo.

Nel 1910 è tornato a Milano, dove frequenta Marinetti, Boccioni e Margherita Sarfatti, seguendo con interesse gli  sviluppi del Divisionismo. Fra il 1915 e il 1918 partecipa alla Prima Guerra Mondiale. Dopo il ritorno dal fronte, mostra una maggiore attenzione per la regolarità della composizione e per l’incidenza del disegno, fra rétour à l’ordre e Primitivismo in chiave di modernismo nazionale, senza comunque smentire la preponderante vocazione colorista. Nel 1924 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove sarebbe tornato in tutte le successive edizioni fino al 1942, quando avrebbe avuto in dedica una sala personale.
Nel 1925, presentato da Carlo Carrà, espone con successo alla Galleria Pesaro di Milano, affermandosi come uno dei maggiori paesaggisti italiani del momento.
Fra il 1931 e il 1933 espone a Parigi, Londra, Bruxelles, aggiungendo il soggetto cittadino al repertorio più tradizionale, ispirato alla natura abruzzese.
Dal 1933 è illustratore paesaggista de “Il Corriere della Sera”.
Nel 1937 partecipa alla Quadriennale di Roma e ottiene una medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi. E’ da questo periodo che Portofino diventa il suo luogo prediletto, del quale riproduce gli scorci più suggestivi in un numero sterminato di varianti.
Nel 1938 esordisce come scenografo alla Scala. Dopo il 1945, le mutate condizioni del dibattito critico in Italia, ostile a un certo tipo di figurazione, lo invogliano a incrementare i rapporti con l’estero, in particolare col Sud America, con la California (espone a Los Angeles nel 1948) e con Parigi.
Nel 1954 la sua opera viene celebrata, a Lugano, dalla prima retrospettiva a lui dedicata. Fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta si muove fra gli Stati Uniti, Parigi, Portofino e l’Abruzzo, conseguendo rinnovati successi con le frequenti mostre che segue in ogni parte del mondo. L’ultima stagione artistica di Cascella é caratterizzata da un numero considerevole di riconoscimenti ufficiali e di esposizioni antologiche (Milano, 1981; Ferrara, 1982-83; Roma, 1985), a cui corrisponde una recuperata freschezza espressiva del maestro, neo-impressionista, di vigore quasi giovanile.

Michela Cascella muore a Milano il 29 agosto 1989. 

Corradino D’Ascanio

Brillante ingegnere e progettista aeronautico del Novecento italiano

Ingegnere nato a Popoli (PE) nel 1891 e morto a Pisa nel 1981. Da giovanissimo, all’età di soli quindici anni, si appassiona al volo e progetta e costruisce un aliante sul quale effettua i suoi primi voli (in realtà si tratta di balzi di poche decine di metri realizzati lanciandosi da una collina). Si laurea in ingegneria industriale al Politecnico di Torino nel 1914.

Nel 1925 fonda una Società con il barone Pietro Trojani e si dedica alla progettazione dei primi prototipi di elicottero al mondo.

Dal 1932 entra in Piaggio come esperto nella progettazione di eliche. Qui si dedica durante la seconda guerra mondiale e nel primo dopoguerra a sviluppare la progettazione di elicotteri dimostrando la funzionalità dell’ala rotante. Sempre per la Piaggio nel 1946 realizzò il motoscooter Vespa, simbolo della ricostruzione postbellica italiana, e ancora oggi attuale.

Nel corso della sua lunga vita ricevette molti riconoscimenti e onorificenze, tra i quali quello di Cavaliere di Gran Croce concesso dal Presidente della Repubblica.

Fu inoltre autore di numerose pubblicazioni scientifiche, edite fra il 1954 ed il 1980, e professore di disegno di macchine e progetti all’università di Pisa fra il 1937 (quando era dipendente Piaggio) ed il 1961.

Alfred Zampa

Alfred Zampairon worker diventato un’icona in America,  morto nel 2000 a 95 anni. Alfred Zampa, figlio d’un emigrato abruzzese originario di Ortucchio (L’Aquila), è l’unico italiano dopo Giovanni da Verrazzano ad avere dedicato un ponte, l’Al Zampa Memorial Bridge di Crockett, in California. Una storia davvero singolare quella di Al Zampa, d’un abruzzese tenace che ha aperto agli iron workers che costruivano ponti e grattacieli in America nuove frontiere per la sicurezza dei cantieri e nuove tutele sindacali.

Beniamino Fiamma

(Nato a L’Aquila, 7 gennaio 1899 – morto a Ortona, 30 ottobre 1985) è stato un ingegnere e inventore italiano, collaboratore di Guglielmo Marconi.

Compie gli studi presso le scuole della sua città, conseguendo, nel 1918, il Diploma di Perito Agrimensore presso l’Istituto Tecnico. Prosegue gli studi ed il 16 luglio 1923 consegue la Laurea in Ingegneria Industriale presso il Regio Istituto Tecnico Superiore il Politecnico di Milano. Segue, nel 1924-1925, il corso speciale dell’Istituzione Elettro – Tecnica “Carlo Erba”, annesso al Politecnico. Nel 1924 condusse a termine gli studi e l’esperimento del “Comando a distanza senza fili”, nel golfo della Spezia, assieme all’Ing. Guglielmo Marconi.

Negli anni trenta comincia la sua carriera di dirigente scolastico. Dal 1934 al 1938 è direttore della Regia Scuola Secondaria di Avviamento Professionale “Domenico Pugliesi” di Ortona. Dal 1939 al 1941 è Direttore della Regia Scuola Tecnica Industriale “Filippo Corridoni” a Corridonia. Nel 1942 diventa Direttore della Regia Scuola Tecnica Industriale “Leone Acciaiuoli” di Ortona, con annessa Regia Scuola di Avviamento Professionale, divenute, con l’avvento della prima repubblica rispettivamente scuola tecnica industriale statale e scuola statale di avviamento professionale. . Dal 1960 al 1970, data di pensionamento, è preside dell’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’artigianato “G.Marconi”, da lui stesso intitolata al suo caro amico.

Fu un uomo coerente, soprattutto nel periodo più buio della nostra storia, ossia nel periodo del fascismo e della 2° guerra mondiale. A tali meriti va aggiunta una rara capacità inventiva che egli non ha mai ostentato e che è emersa solo dopo la sua morte.” Fu autore di diversi brevetti.

Il 2 giugno 1970 gli è stata conferita la medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura, dell’Arte con la facoltà di fregiarsi della Medaglia d’Oro.

Arthur “Turbo” Tomassetti

Arthur “Turbo” Tomassetti (nato nel 1964) è un colonnello in pensione del Corpo dei Marines degli Stati Uniti. Nato a Port Chester, New York, un villaggio nella parte sud-orientale dello stato al confine con il Connecticut. Da ragazzo sognava di diventare un astronauta. Le sue radici sono di Collepietro un paese in provincia dell’Aquila, probabilmente i suoi nonni sono stati artefici del sogno americano, ma non si conoscono altri dettagli.

Veterano di combattimento e pilota collaudatore che si distingue per il suo lavoro sul Joint Strike Fighter (JSF) e sull’F-35 Lightning II. Durante la sua carriera, ha lavorato in ruoli chiave sviluppando interfacce pilota, testando le capacità degli aeromobili, mettendo in campo gli aeromobili in unità operative e istituendo l’organizzazione di addestramento F-35 che certifica piloti e manutentori statunitensi e internazionali.

Durante la sua carriera militare, Tomassetti ha frequentato la Expeditionary Warfare School presso la Marine Corps University di Quantico, in Virginia, nel 1994. Ha anche conseguito un master in scienze aeronautiche presso l’Università del Tennessee nel 2001 e si è laureato presso l’USMC Command and Staff College nel 2002.

Tomassetti ha stabilito record multipli tra cui il primo Marine a pilotare tutte e tre le varianti del Lockheed Martin X-35. Ha completato l’ultima tappa del primo volo di cross-country dell’X-35C ed è stato l’unico pilota a pilotare tutte e tre le varianti dell’X-35 e dell’F-35, è stato il pilota della prima missione in assoluto a combinare decollo corto, livello supersonico e atterraggio verticale il tutto in un unico volo.

Nel 2016 ha formato Time2Climb Consulting per aiutare le aziende a migliorare le prestazioni dei propri team, mentre nel 2018 è stato eletto nel consiglio di amministrazione del Flight Test Safety Committee, un’organizzazione che promuove la sicurezza dei test di volo e migliora la comunicazione tra i professionisti dei test di volo. A partire dal 2019, ha pilotato più di quaranta tipi di aerei.

Imprenditoria & Top Manager

James Franceschini

Vincenzo “James” Franceschini nacque a Pescara il 16 marzo 1890, in via della ferrovia n.3,  da Giuseppe (28 anni) e Lucia. La certificazione del suo atto di nascita fu raccolta dal Sindaco di allora Cavaliere Avvocato Teofilo D’Annunzio.  Sin da piccolo si mostrò di intelligenza assai vivace. Il padre, venditore di casalinghi, lo portava sempre con se e da lui, il piccolo Vincenzo, apprese l’arte degli affari. Un episodio gli fece amare più d’ogni altra cosa i cavalli. Aveva 13 anni, il padre si era allontanato lasciandolo solo con l’incasso della giornata, quando si avvicinarono minacciosi  tre malviventi armati di coltello. Il giovane Vincenzo coraggiosamente reagì ma i tre che erano più grandi  e forti di lui iniziarono a picchiarlo con violenza. Sarebbe finita decisamente male se il vecchio cavallo da tiro non si fosse scagliato, in sua difesa, contro i malfattori costringendoli alla fuga. Lui amava raccontare spesso questo episodio aggiungendo: “Debbo la vita ad un cavallo”. Questo episodio può ritenersi centrale rispetto al fatto che negli anni successivi Vincenzo, oltre alle altre innumerevoli attività, diverrà proprietario di scuderie definite tra le migliori del mondo (i suoi cavalli vinceranno centinai di spettacoli equestri) e fornirà cavalli da tiro a mezzo mondo.

Nel maggio del 1905, aveva solo quindici anni, suo padre gli permise di emigrare in Canada alla ricerca di un sogno.  Pochi anni dopo, morta la madre, gran parte della famiglia, il fratello Rinaldo e le sorelle Maria, Francesca e Regina, lo raggiunsero  a Toronto. Solo papà Giuseppe e la sorella più piccola, Beatrice, rimasero in Italia. Vincenzo, all’inizio, lavorò in una fonderia e successivamente in una ditta di scavi. Un giorno il suo caposquadra gli consigliò di cambiare quel nome “troppo italiano” e lui scelse: “James”. Non passò molto  tempo che James decise, dando fondo ai suoi risparmi, di fondare una sua società di scavi.  Da ora in poi conseguirà un successo dopo l’altro. Importò dall’Europa  in Canada la prima pala a vapore. Nel 1912  fondò la “Dufferin Construction” con importanti realizzazioni, di cui ancora c’è traccia,  sulla Dufferin Street.

Nel 1913, sposò la bella Annie Lydia Pinkham e questo gli consentì  di diventare un cittadino canadese. Nel 1914 all’età di 24 anni, James era già diventato milionario.  James Franceschini era di una tempra unica e pur dormendo pochissimo non conosceva la stanchezza. La sua segretaria, gli sarà accanto fino all’ultimo, diceva: “E’ possibile stancare i suoi cavalli ma non lui”. Successivamente, il giovane imprenditore, ottenne contratti con la città di Toronto che comprendevano lo sgombero della neve e la riparazione di strade. Durante il periodo1915-1916 vinse un appalto per la costruzione delle fondamenta per l’impianto di assemblaggio della General Motors. Nel 1917 per “Dufferin Construction” arrivò il primo contratto per costruire autostrade. Da ora in poi praticamente, soprattutto nell’Ontario, tutte le strade  saranno realizzate da lui. Nel 1921 a Mimico costruisce la favolosa“Villa Myrtle” che finisce per la sua bellezza, inevitabilmente, su tutti i giornali e rotocalchi dell’epoca.  

Intanto la sua scuderia di cavalli, razza Hackney,  conseguì eccellenti risultati e nel 1928 la rivista  “Time” riferì della sua vittoria nell’ambita competizione Madison Square Garden.
Intanto James e Annie attraverso una loro Fondazione  si dedicavano ad opere di carità.

Nel 1930, James ampliò le sue operazioni in Quebec. Costruì anche la storica autostrada “Alaska Highway” lunga ben 2.451 km.
Nel 1939 costruì per il Canada e la Gran Bretagna, con la sua “ Dufferin Shipbuilding Company”,  navi da guerra. Sua anche la  scuola di formazione piloti da caccia, con le sue piste, a Port Maitland sempre in  Ontario. Ma nel giugno del 1940, l’Italia dichiarò guerra al Canada e questo portò ad identificare molti italo-canadesi come “stranieri nemici”. Tra questi James Franceschini che fu  internato al “Campo Petawawa” con l’accusa di “aver avuto legami con organizzazioni fasciste italiane”. Dopo un anno fu rilasciato anche perché malato di cancro (alla gola). Questa dura prova non gli fece perdere stima per il popolo canadese e anzi ironicamente diceva: “mi sono fatto un anno di collegio pagato da loro”. In seguito lo stesso Governo Canadese riconobbe “ L’internamento di James Franceschini è stato  un grave nostro errore”. Mai come in questo caso fu, per lui, importante la famiglia ed in particolare il fratello Leonard (vero nome Rinaldo). Superata questa brutta esperienza  tornò immediatamente al lavoro e al successo. Dove si costruivano strade era praticamente impossibile che non vi fosse la scritta “Dufferin”.  James combatte e vince anche sua più dura battaglia quella contro il cancro. Con sua moglie inaugura in ogni dove asili, mense per poveri e case per anziani costruite grazie alla sua generosità. Un regista volle girare un filmato nella sua “Dufferin Haven” perché disse “Lì si confondono realtà e fiaba”.

James Franceschini morì nel settembre del 1960. Ai sui funerali, dove intervennero tutte le massime autorità religiose, politiche ed imprenditoriali, fu necessario un incredibile servizio d’ordine perché il suo popolo (lavoratori e di diseredati) si precipitò (si parlò di oltre 10.000 persone) a salutare il “Grande papà”

Pierluigi Zappacosta

Pierluigi Zappacosta (nato a Chieti, il 2 luglio 1950) è presidente di Faro Ventures, in Italia, e ha co-fondato, diretto e / o fatto parte di consigli di amministrazione di numerose società prestigiose.

Nel 1981, ha co-fondato Logitech (Nasdaq: LOGI) insieme a Daniel Borel e Giacomo Marini, che è diventato il più grande produttore al mondo di mouse per computer e altri prodotti di interfaccia personale. Zappacosta ha prestato servizio presso Logitech per sedici anni, prima come presidente e CEO e successivamente come vicepresidente. È stato determinante nel rendere pubblica la società in Svizzera nel 1988 e nel NASDAQ nel 1997, raccogliendo oltre $ 60 milioni. Quando Zappacosta lasciò il gruppo nel 1998, le vendite di Logitech erano salite a oltre $ 400 milioni all’anno.

Zappacosta è anche un partner di rischio con Noventi, ed è stato CEO di Sierra Sciences., e presidente di Digital Persona, Inc., una società dedicata alle soluzioni del mercato di massa [parola d’ordine] per l’identificazione basata sulla biometria. Fa anche parte del consiglio di fondazione della Fondazione Reason e dell’Istituto Bruno Leoni.

Ha conseguito la laurea (laurea in ingegneria elettrica) presso l’Università di Roma in Italia, laureandosi con lode. Si è laureato in informatica a Stanford nel 1978.

Mario Batali 

Batali nasce a Seattle da Marilyn, una franco-canadese, e Armandino Batali, un ingegnere italoamericano. Mario ha origini abruzzesi, il nonno era originario di Chieti. Secondo alcune ricerche i suoi avi materni aprirono un negozio di alimentari già nel 1903.

Durante il college lavora come lavapiatti e pizzaiolo in diversi ristoranti e dopo un breve periodo vissuto in Spagna torna negli Stati Uniti e si laurea nel 1983 in lingua spagnola, teatro ed economia. Lavora poi come assistente e secondo chef in diversi ristoranti di Londra, di Parigi e in altre parti del mondo. Nel 1989 lavora presso un ristorante di Borgo Capanne, in provincia di Bologna, dove perfeziona l’arte culinaria italiana.

Diventa presto un affermato gastronomo e ristoratore, esperto della storia e della cultura della cucina italiana, anche di quella regionale. Nel 1993 apre il ristorante “Po” e nel 1998 il “Babbo Ristorante e Enoteca” di New York insieme a Joe Bastianich, figlio di Lidia Bastianich, con cui aprirà in seguito diversi ristoranti. Mario è comproprietario di diversi ristoranti a New York, Las Vegas, Los Angeles e Singapore[1], scrive libri di cucina e ha partecipato a vari talent show culinari. Nel 2016 ha cucinato per l’ultima cena di Stato del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama che ha visto ospite il premier italiano Matteo Renzi.

Ruth Giansante

Partita da Montesilvano, provincia di Pescara, dove torna ogni anno per ritrovare amici e parenti, è diventata una donna con una carriera folgorante alle spalle nel settore petrolifero.

Vive a Miami, in Florida, e lavora per la World Fuel services, una società di logistica dei carburanti con sedi in tutto il mondo, nella quale è stata appena nominata vice president senior dei servizi finanziari.

Una delle prime donne a conquistare il top management in campo petrolifero.

Ruth è nata a Porto Rico, il 26 giugno 1976. Aveva due mesi quando i genitori tornano a vivere a Montesilvano. Quando Ruth ha sette anni, la famiglia decide di tornare sull’isola caraibica dove la bimba riscopre altri ambienti, studia e comincia a pensare alla sua scalata nella vita, quindi nel 1983 l’addio a Montesilvano, la città di papà Antonio Giansante e dei nonni Romano e Maria Natalini.

Una donna in carriera, negli Stati Uniti, che non ha mai dimenticato la sua terra d’Abruzzo.

Sergio Marchionne

Nato a Chieti, nel 1952, emigrato in Canada con la famiglia quando aveva 14 anni. Nel 1966 i genitori di Sergio, Maria Zuccon e Concezio Marchionne, maresciallo dei carabinieri, nato a Gugnoli in provincia, decidono di trasferirsi a Toronto per dare maggiori opportunità ai figli. Oltre a Sergio, c’è Luciana, che morirà per un tumore nel 1980. 

Prima di essere l’uomo che ha salvato la Fiat (per 14 anni alla guida del gruppo) è stato commercialista, avvocato, consulente e revisore. L’uomo dalle tre lauree: Filosofia, Giurisprudenza, Economia. «Ho seguito tante altre strade, passando per la finanza, prima di arrivare a occuparmi di imballaggi, poi di alluminio, di chimica, di biotecnologia, di servizi» ha raccontato agli studenti dell’Alma Graduate School di Bologna, nel 2011. Una vita segnata da voglia di affermazione, studio come strumento per farcela, scelte coraggiose negli affari. E soprattutto dal lavoro. Il suo ufficio era spesso un aereo. In partenza per Stati Uniti, Italia, Brasile, Svizzera. Ogni giorno sveglia alle 3.30. In 10 anni, solo una vacanza. Tra i suoi tratti distintivi, l’iconico maglione a girocollo indossato in ogni occasione. Tanto da risultare simbolica la scelta della cravatta in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, il 1° giugno 2018, a Balocco, per annunciare l’azzeramento del debito di Fca.

Nell’era Marchionne anche la Ferrari cresce. Il manager sceglie una strada separata per il Cavallino rampante, con lo scorporo da Fca nel 2015. Porta la società in borsa, prima a New York e poi a Milano. I conti sono positivi: il 2017 si chiude con 8.398 auto vendute, utile in aumento del 26,4% e ricavi netti a 3,4 miliardi. Oltre ai numeri, per Marchionne c’è la passione per la Formula 1. Così, nel suo futuro, Marchionne vede ancora Maranello. Aveva scelto di restare alla guida della Ferrari anche dopo l’uscita da Fca, prevista per la primavera del 2019. La storia invece si chiude, inaspettatamente, il 25 luglio 2018, in un ospedale di Zurigo. La sua morte ha colpito profondamente tutta l’Italia.

Almerindo Porfilio

Almerindo Porfilio nasce nel 1878 in Piazza Purgatorio a Schiavi di Abruzzo provincia di Chieti. In piena adolescenza, insieme al padre Settimio (denominato il Pretore per il suo rigore morale) e al resto della famiglia, emigra a New York. Il  26 maggio 1908 cambiò legalmente il suo cognome da Porfilio a Portfolio.

La sua carriera iniziò come fattorino e raggiunse la Presidenza della Bank of Sicily, la direzione di un’azienda di abbigliamento. Inoltre fu editore di giornali e commerciante di materie prime. Tra il 1917 e il 1919 regalò 300.000 lire (circa 600.000 euro attuali per la realizzazione della prima elettrificazione del suo comune d’origine.

In seguito donò al suo paese di origine 50.000 lire per la creazione delle condutture idriche. Nel 1940 fu delegato per l’undicesimo distretto di New York alla Republican National Convention. Fu Tesoriere di New York durante l’amministrazione del sindaco Fiorello La Guardia.

Fonda strutture cooperative di industria pesante, con vaste ramificazioni intercontinentali con particolari radicamenti in Europa ed entra in diretta concorrenza con Henry Ford. I due modelli organizzativi erano inconciliabili ed incompatibili: il ‘Fordismo’ (mediante le tecniche tayloristiche) è il grande sistema lavorativo strutturato sulla catena di montaggio da un lato e su una rigida gerarchia dispotica, legata al saggio di sfruttamento e di profitto (l’operaio come ‘scimmia ammaestrata’) dall’altro. Il modello di Portfolio, invece, è asimmetrico ed opposto: la gestione ha una duplice coordinazione, tendenziale eguaglianza, democratizzazione di fabbrica e spirito solidaristico ed umanitario. Port-Folio diventa l’anti Henry Ford. Da un lato l’oligarchia del privilegio, dall’altro l’uomo del popolo lavoratore.

Nel corso di questa sua escalation, Portfolio non dimentica le sue profonde radici ossia il ‘villaggio locale’, Schiavi di Abruzzo, anche perché il padre Settimio, stressato dalla frenetica vita americana, fa il viaggio di ritorno verso Schiavi dove continuerà a vivere fino alla morte.

Religione

San Gabriele dell’Addolorata

Al secolo Francesco Possenti (Assisi, 1º marzo 1838; † Isola del Gran Sasso d’Italia, 27 febbraio 1862) è stato un religioso italiano della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Nel 1920 è stato proclamato santo da papa Benedetto XV: la sua memoria liturgica è celebrata il 27 febbraio. È patrono d’Abruzzo e della Gioventù cattolica italiana.

Undicesimo di tredici figli, Francesco nacque ad Assisi, città di cui il padre Sante era governatore (prefetto) e che allora faceva parte dello Stato Pontificio sotto Gregorio XVI prima e Papa Pio IX dopo. Venne battezzato il giorno stesso della sua nascita Cattedrale di San Rufino allo stesso fonte battesimale in cui fu battezzato San Francesco d’Assisi e di cui gli venne imposto il nome.

Francesco conduceva una vita normale per un ragazzo della sua età e della sua epoca. Era noto per la sua personalità affettuosa ed estroversa, il suo amore per il ballo, la caccia e il teatro. Rischiò una volta la vita in un incidente di caccia. Durante una malattia, ancora ragazzino, promise di diventare religioso se fosse guarito. Guarì due volte, ma egli procrastinò questo impegno. Francesco andava bene a scuola, nonostante un’infanzia in cui vide la morte di tre sorelle e soprattutto della madre. Come un normale ragazzo della sua età Francesco attirava l’attenzione delle ragazze di Spoleto, città in cui la sua famiglia si era trasferita da Assisi.

Durante la processione dell’icona del duomo di Spoleto, il 22 agosto 1856, Francesco sentì una voce interiore (locuzione mariana) che lo invitava a lasciare la vita borghese per farsi religioso passionista. Nonostante le forti difficoltà presentategli dal padre, Sante, Francesco fu in grado di vincere tutti i suoi argomenti e di persuaderlo della natura genuina della sua vocazione religiosa.

Francesco prese i voti nella comunità Passionista, assumendo il nome di Gabriele dell’Addolorata, che rifletteva la sua devozione -radicata in lui fin dall’infanzia, tra l’altro, da una statuetta della Pietà che la madre conservava in casa per la Vergine Addolorata. Al termine del noviziato pronunciò il voto tipico dei Passionisti: quello di diffondere la devozione a Gesù Crocifisso; in seguito, con il permesso del suo direttore spirituale, padre Norberto Cassinelli, emise anche quello di diffondere la devozione alla Vergine Addolorata. I suoi scritti (epistolario e pagine di spiritualità) riflettono questa sua stretta relazione con il Signore e la Vergine Maria. In particolare, nelle Risoluzioni, riprese da san Leonardo da Porto Maurizio, descrive in dettaglio la via che seguì per raggiungere tale unità con la Passione di Cristo e i dolori di Maria, conseguendo così la perfezione secondo la regola passionista.

Trascorse sei anni nella congregazione passionista (1856-1862). Verso gli ultimi due anni, quando era già di comunità a Isola del Gran Sasso, venne colpito dalla tubercolosi ossea, ma si sforzò sempre di seguire in tutto la vita regolare comunitaria compatibilmente con la sua situazione di malattia. Fino a due mesi precedenti la morte poté seguire le celebrazioni liturgiche. Frutto delle sue riflessioni e dei doni spirituali da cui veniva arricchito sono gli ultimi scritti epistolari e in particolare il suo Simbolo mariano (una sorta di piccola sintesi teologico-spirituale della sua imitazione mariana, molto originale e specifica del suo sentire interiore). Mantenne fino alla fine la sua abituale serenità di animo, al punto che gli altri confratelli erano desiderosi di passare del tempo al suo capezzale, oltre i normali doveri di assistenza. Gabriele si rassegnò totalmente alla sua morte imminente. Prima che potesse venire ordinato presbitero, per motivi di salute e soprattutto per i torbidi politici (l’Abruzzo era da poco passato dal regno della Due Sicilie al Regno d’Italia), Gabriele morì, all’età di 24 anni, nel ritiro passionista di Isola del Gran Sasso (TE) stringendo al petto un’immagine della Madonna Addolorata.

Beato Nunzio Sulprizio

Nunzio Sulprizio nacque a Pescosansonesco, in provincia di Pescara, il 13 aprile 1817. Fin dalla prima infanzia perse entrambi i genitori; a nove anni, poi, morì anche la nonna materna, Anna Rosaria Del Rosso, che lo aveva cresciuto. A quel punto uno zio lo prese con sé nella sua officina di fabbro ferraio. Ma il lavoro troppo pesante per l’età minò il suo fisico: colpito nel 1831 da una grave malattia ossea, fu ricoverato in ospedale prima a L’Aquila e poi a Napoli. Qui il colonnello Felice Wochinger si prese cura di lui e iniziò a trattarlo come un figlio. Nonostante i dolori terribili, Nunzio affrontò la malattia: la sua capacità di offrire il proprio dolore colpiva chi gli stava vicino. Morì il 5 maggio 1836, a diciannove anni. È stato beatificato da san Paolo VI il 1° dicembre 1963, durante il Concilio Vaticano II. La sua canonizzazione è stata fissata al 14 ottobre 2018. La maggior parte dei suoi resti mortali è venerata nella chiesa di san Domenico Soriano a Napoli, in un’urna sotto l’altare maggiore, ma altre reliquie sono custodite nel santuario a lui dedicato, a Pescosansonesco.

A 540 metri sul livello del mare, sulle pendici del monte Picca, si distende a diversi livelli per lo sperone roccioso, il borgo di Pescosansonesco, in provincia di Pescara. Lì, dai giovani sposi Domenico Sulprizio, calzolaio, e Rosa Luciani, filatrice, il 13 aprile 1817, Domenica “in albis”, nacque un bambino, che, battezzato prima del tramonto del medesimo giorno, fu chiamato Nunzio.
Solo il registro dei battesimi – il libro dei figli di Dio – della sua parrocchia, per lunghi anni riporterà il suo nome: ignoto ai potenti, ma notissimo e bene-amato da Dio. A tre anni, i suoi genitori lo portarono al Vescovo di Sulmona, Mons. Francesco Tiberi, in visita pastorale nel vicino paese di Popoli, perché fosse cresimato: era il 16 maggio 1820, l’unica data lieta della sua fanciullezza, perché in seguito non avrà che da soffrire.

Sport

Rocky Marciano (Rocco Francis Marchegiano)

Rocky Marciano nacque negli Stati Uniti a Brockton il 1 settembre del 1923, il suo vero nome era Rocco Francis Marchegiano. Il tanto amato padre Pierino Marchegiano parti dall’Abruzzo, dal paese di Ripa Teatina (in provincia di Chieti), in cerca di fortuna in America.

Le origini abruzzesi di Marciano non mi erano note fino a quando mi ritrovai diversi anni fa a mangiare in una pizzeria nel centro di Ripa Teatina, le pareti erano tappezzate di quadri di Rocky Marciano, foto con dediche autografe, guantoni, ecc..

Rocky è una leggenda del pugilato, uno dei pugili più forti di tutti i tempi, l’unico peso massimo ad essere rimasto imbattuto, il suo record recita: 49 vittorie (di cui 43 per KO) e zero sconfitte.

Marciano è diventato campione del mondo di pugilato dei pesi massimi il 23 settembre del 1952, difese il titolo per 6 volte e rimase campione fino al novembre del 1956. Per la potenza dei suoi colpi era chiamato il Bombardiere di Brockton (The Brockton Blockbuster).

Rocco grazie al lavoro da muratore e la classica cucina italiana della mamma sviluppo da giovane un fisico forte e compatto. Il sogno di Rocky era di lavorare insieme al padre nel locale calzaturificio ma dovette desistere a causa di un’allergia alle polveri delle pelli. L’arma in più del pugile abruzzese era sicuramente il suo destro, non veloce ma di una potenza disarmante, Marciano era famoso per il suo montante e per i colpi al corpo capaci da soli di mandare KO gli avversari.

Marciano dimostro anche un grande cuore aiutando Joe Louis, un vecchio campione caduto in disgrazia dopo il ritiro dal pugilato.

Rocky morì giovane all’età di 46 anni precipitando con il suo aereo privato il 31 Agosto 1969.

Rocky Mattioli

In effetti questo ragazzo tarchiato, gladiatorio ed indomito nell’affrontare le difficoltà dell’esistenza, e che un giorno sarà campione del mondo dei superwelter, nasce il 20 luglio 1953 nel comune abruzzese di Ripa Teatina, che altri non è che il luogo da cui un bel giorno partirono, alcuni decenni prima, proprio i genitori di quel Rocky Marciano annoverabile tra i più grandi pesi massimi della storia del pugilato.

Mattioli iniziò a boxare come professionista nel 1970, in Australia, dove si distinse per la combattività e la potenza di pugno, conquistando il titolo australiano dei welter e mantenendolo fino al 1975, quando si trasferì in Italia. Tra gli avversari battuti nettamente ai punti, l’anziano sfidante di Duilio Loi ed ex campione del mondo dei welter junior, Eddie Perkins.

Tommy Lasorda

Thomas Charles “Tommy” Lasorda (Norristown, 22 settembre 1927, morto il 7 Gennaio 2021) ex giocatore di baseball e manager statunitense.

È figlio di Sabatino Lasorda che emigrò negli Stati Uniti d’America da Tollo in provincia di Chieti.

Ha vinto due volte le World Series, nel 1981 e nel 1988, le quali decretano la squadra campione della Major League Baseball. Nel 2000 guidò la Nazionale Statunitense di Baseball alle Olimpiadi di Sydney vincendo la medaglia d’oro nella finale con la Nazionale Cubana.

Fu inserito nel National Baseball Hall of Fame and Museum nel 1997.

Nel 1978 recitò in “Fantasilandia”, nell’episodio “Superstar/Salem”, nella parte di sè stesso, insieme a Steve Garvey, Fredd Lynn, George Brett, Ken Brett ed Ellis Valentine.

Bruno Sammartino

Bruno Leopoldo Francesco Sammartino, noto semplicemente come Bruno Sammartino (nasce a Pizzoferrato il 6 ottobre 1935 , Muore a Pittsburgh, 18 aprile 2018), è stato un wrestler italiano.

Sammartino è conosciuto soprattutto per i suoi trascorsi nell’allora World Wide Wrestling Federation (nota in seguito come World Wrestling Federation, dal 2002 semplicemente come WWE), dove detiene il record per il più lungo regno con il WWWF World Heavyweight Championship: 2.803 giorni, cioè circa sette anni e otto mesi. Ha detenuto il titolo anche una seconda volta (tale regno è durato 1.237 giorni) per un totale di undici anni (4.040 giorni) come campione.

Trasferitosi a Pittsburgh all’età di quindici anni, Sammartino, detto anche “The Italian Strongman” (“l’italiano forzuto”), “The Original Italian Stallion” (“lo stallone italiano originale”) e “The Living Legend of Professional Wrestling” (“la leggenda vivente del wrestling”), ha portato al tutto esaurito il Madison Square Garden per centottantotto volte.

Il suo stile era orientato principalmente verso il “mat wrestling“, come era consuetudine all’epoca, tuttavia fu proprio il suo stile da “brawler” (“rissaiolo”), l’uso di manovre e mosse che richiedevano grande forza, il suo spiccato carisma e il fatto che apparisse sempre come il classico bravo ragazzo a renderlo uno dei wrestler più popolari tra gli anni sessanta e ottanta, specialmente nella costa est degli Stati Uniti. Il peso di Sammartino nel corso della sua carriera quasi trentennale è oscillato tra le 245 (111 kg) e le 285 (129 kg) libbre.

Nel 2013 è stato introdotto nella WWE Hall of Fame da Arnold Schwarzenegger, suo amico di lunga data.

Nella sua città natale, Pizzoferrato, il 5 agosto 2017 è stata eretta una statua in suo onore.

Juan Manuel Fangio

Juan Manuel Fangio nato a Balcarce, 24 giugno 1911, morto a (Buenos Aires, 17 luglio 1995) è stato un pilota automobilistico argentino, campione del mondo di Formula 1 nel 1951, 1954, 1955, 1956 e 1957.

Di origini abruzzesi e figlio di emigranti italiani in Argentina, il padre Loreto (1880-1972) era nato a Castiglione Messer Marino in Provincia di Chieti e la madre Erminia D’Eramo (1885-1975) originaria di Tornareccio sempre della medesima provincia.

Soprannominato El Chueco, disputò 52 Gran Premi, vincendone 24 e salendo per 35 volte sul podio. Ottenne 29 pole position e 48 partenze dalla prima fila. Il suo record di 5 titoli mondiali resistette per 48 anni e fu superato solo nel 2003 da Michael Schumacher. Detiene la più alta percentuale di pole position realizzate in carriera, il pilota italo-argentino partì in prima posizione nel 55,8% dei Gran Premi disputati; a 46 anni e 41 giorni è inoltre il corridore più anziano ad avere conquistato un titolo mondiale.

Da molti considerato uno dei più grandi piloti di Formula 1, aveva uno stile di guida preciso ma spettacolare oltre che una profonda conoscenza della meccanica essendo stato coinvolto nel settore delle riparazioni fin da ragazzino. Corridore completo, seppe distinguersi anche in competizioni a ruote coperte: da ricordare i suoi numerosi piazzamenti alla Mille Miglia, la vittoria alla Carrera Panamericana nel 1954, al Nürburgring nel 1955 e alla 12 Ore di Sebring nel 1956 e nel 1957.

Jimmy Garoppolo

Jimmy Garoppolo nato il 2 Novembre del 1991 a Arlington Heights, è un giocatore di football americano statunitense che milita nel ruolo di quarterback per i San Francisco 49ers della National Football League (NFL). Scelto nel corso del secondo giro (62º assoluto) del Draft NFL 2014 dai New England Patriots. In precedenza aveva giocato per i Panthers della Eastern Illinois University.

La nuova star del football americano ha origini abruzzesi, poiché le origini della nonna paterna sono di Vasto in provincia di Chieti.

Durante il corso del 2013 Garoppolo era considerato tra le migliori promesse disponibili nel Draft NFL 2014 nel ruolo di quarterback, e si pronosticava che sarebbe stato scelto tra 2º e 3º giro. Il 9 maggio fu selezionato come 62º assoluto dai New England Patriots, il quarterback scelto più in alto dalla franchigia dai tempi di Drew Bledsoe nel 1993.

 Debuttò come professionista nel Monday Night Football della settimana 4 contro i Kansas City Chiefs quando, a risultato ormai compromesso, rilevò Tom Brady completando 6 passaggi su 7 tentativi per 70 yard e passando il primo touchdown in carriera a Rob Gronkowski. Nell’ultima gara della stagione, con New England già certa del miglior record della AFC, giocò tutto il secondo tempo, completando 10 passaggi su 17 per 90 yard nella sconfitta coi Buffalo Bills.

Nel 2019 i 49ers vinsero tutte le prime otto partite prima di una sconfitta casalinga con i Seattle Seahawks nel Monday Night Football del decimo turno. Si ripresero la settimana successiva rimontando uno svantaggio di 16-0 contro i Cardinals con 4 touchdown passati da Garoppolo nel 36-26 finale. Nel quattordicesimo turno Garoppolo passò 349 yard e quattro touchdown nella fondamentale vittoria dei 49ers in casa dei New Orleans Saints, venendo premiato come giocatore offensivo della NFC della settimana. La sua stagione regolare si chiuse con 3.978 yard passate, 27 touchdown (quinto nella NFL) e 13 intercetti subiti, giocando per la prima volta tutte le 16 partite come titolare. San Francisco terminò con un record di 13-3, il migliore della NFC, guadagnando il vantaggio del fattore campo per tutti i playoff. Nel divisional round i 49ers batterono i Minnesota Vikings con Garoppolo che passò 131 yard, un touchdown e subì un intercetto. Nella finale della NFC i 49ers impostarono la gara sulle corse di Raheem Mostert così il quarterback terminò con 8 soli passaggi tentati per 77 yard nella vittoria sui Green Bay Packers che portò San Francisco al Super Bowl LIV. Nella finalissima contro i Kansas City Chiefs a Miami, Florida, Garoppolo tentò 31 passaggi completandone 20 per 219 yard, un touchdown e 2 intercetti subiti nella sconfitta per 31-20, malgrado i Niners si fossero trovati in vantaggio di 10 punti a sette minuti dal termine.

Giornalismo

Bruno Vespa

Nato a L’Aquila il 27 maggio 1944, Bruno Vespa ha cominciato a sedici anni il mestiere di giornalista nella redazione aquilana del “Tempo” e a diciotto ha iniziato a collaborare con la RAI.

Dopo la laurea in legge a Roma (tesi sul diritto di cronaca), nel 1968 si è classificato primo in un concorso nazionale per radiotelecronisti bandito dalla RAI, ed è stato assegnato al telegiornale. È stato dal 1990 al 1993 direttore del TG1, dove è rimasto come inviato per i grandi avvenimenti.

Tra i suoi molti libri (ne sforna almeno uno all’anno ma talvolta anche due), che si sforzano in qualche modo di riassumere gli avvenimenti del Paese e il suo panorama politico, rappresentano un valido termometro per capire l’evoluzione della società in cui viviamo e i cambiamenti in corso, cambiamenti talvolta così minimi e impercettibili da non essere recepiti.

Da diversi anni la sua trasmissione “Porta a porta” è il programma politico di maggior successo.

Briella Tomassetti

Giovane giornalista e cronista di origini Aquilane, nata a New York, volto noto di Fox 5 New York News TV.

Il nonno di Briella era di Collepietro e la nonna di San Benedetto in Perillis, è affezionata all’Abruzzo, tanto da tornare appena possibile.

Si è laureata presso l’Università del Delaware con un B.A. in comunicazione di massa e minori in giornalismo e studi italiani.

Briella ha iniziato la sua carriera come giornalista studentessa scrivendo, pubblicando e producendo sul campo segmenti del fine settimana per la stazione gemella FOX 29 di Filadelfia. Poco dopo essersi laureata, ha ottenuto un rapporto di lavoro e produzione per la WRDE-TV, un’affiliata della NBC a Rehoboth Beach.